All’alba del giorno di Natale i russi ci attaccarono da tutte le parti, circondandoci; ingaggiammo così un combattimento che durò quasi tutta la giornata; in un’altura alla nostra sinistra vedevamo la cavalleria cosacca che, con le sciabole sguainate, caricava i soldati in ritirata. Quanti morti ci furono in quel sanguinoso combattimento!
Alla destra del paese i soldati russi riuscirono a infiltrarsi alle spalle del nostro schieramento; la situazione divenne critica, aprimmo un fuoco talmente accelerato che la bocca del cannoncino divenne rovente.
Le munizioni incominciarono a scarseggiare e, quando sparammo l’ultima granata, fortunatamente l’attacco russo era respinto.
Aspettavamo con ansia i rifornimenti: se non fossero arrivati, un altro attacco sarebbe stato fatale [...].
Fino a quel momento avevo provato i brividi e i tormenti del freddo, i morsi della fame, l’arsura della sete... ma non so descrivere la sensazione che si prova per la mancanza dell’indispensabile per la propria difesa.
Poi intervennero i carri armati tedeschi, così la battaglia finì; però tutt’intorno la neve non si vedeva più: era coperta da chiazze nere (causate dagli scoppi di granate) e da soldati morti.
Questo è stato il giorno di Natale peggiore che io abbia passato, in Russia, e credo che lo sarà anche di tutta la mia vita.