Da I più non ritornano, Eugenio Corti, Ugo Mursia Editore, Milano, 1990

 

I più non ritornano copertinaSeguì il tormento delle lettere: innumerevoli lettere di madri, di padri, di parenti, che chiedevano notizie di quelli che non facevano ritorno. Alcune erano tali da strappare veramente il cuore.

In tanti mesi di prigionia, soltanto pochi dei compatrioti in mano russa riuscirono a comunicare a casa d'essere vivi. Chi non ha visto da vicino l'angoscia dei famigliari, non può comprendere la crudeltà di questo fatto.

Per noi sopravvissuti era la scontata conseguenza della barbarie bolscevica.

 

In marzo, durante la licenza di convalescenza, mi recai a Miramare di Rimini a visitare Candela, ricoverato in una colonia marina trasformata in ospedale.

Lo trovai a letto, con entrambe le gambe amputate poco sotto il ginocchio, senza parte del naso e con amputata la maggior parte delle dita. Divenuto stranamente piccolo, giaceva supino, quasi senza conoscenza, con i due moncherini delle gambe levati in aria, e li agitava ritmicamente, insistentemente, come se li cullasse.

 

 


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