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Spunti di lettura

149. Le confidenze di Piotr

 

Da La fame dei vinti, Luigi Venturini, Paolo Gaspari Editore, Udine, 2003

 

La fame dei vinti copertinaIn queste condizioni si pensa solo al cibo, si sogna, si parla solo di questo, mentre tutta l’intelligenza e la furbizia sono impiegate per procurarselo.

Non sono possibili tra noi discorsi di alcun impegno al di fuori di ciò che lo riguarda. La nostra volontà è dominata dai crampi allo stomaco e basta una razione di pane per distruggere il nostro orgoglio e per infrangere ogni tentativo di ribellione.

È per questo che alcuni di noi si sono venduti per una gavetta di miglio, trasformandosi in diligenti delatori!

Credo che il sistema instaurato in questi campi sia uno dei più sofisticati per tenere a bada facilmente masse di uomini in cattività, poiché distrugge ogni personalità ed è adatto anche a ottenere dei consensi politici. [...]

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IN EVIDENZA

Testimonianze
Intervista a Nelson Cenci
Domenica, 07 Luglio 2019 13:44
di Patrizia Marchesini    Rimini, 21 febbraio 1919 – Cologne Bresciano, 3 settembre 2012   [...] Andare, andare chissà dove tra voli di farfalle e frinire di cicale. Andare e non ascoltare la voce degli uomini, non sentire il sonno della vita, non i passi dell’addio fra strapiombi di nuvole. - Nelson Cenci, Quando scende la sera (raccolta di poesie) -

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Notizie
La scomparsa di Guido Bellan
Sabato, 15 Giugno 2019 12:13
        Con profonda tristezza e unendoci al dolore dei familiari, segnaliamo il decesso di Guido Bellan, presidente della sezione U.N.I.R.R. Pedemontana-Treviso. Classe 1921, era partito per la Russia nel '41 con il C.S.I.R., assegnato al IV Gruppo Artiglieria Contraerei (cannoni da 75/46).

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Notizie
Ci ha lasciati Guido Vettorazzo
Mercoledì, 12 Giugno 2019 14:50
   12 marzo 1921 – 11 giugno 2019   Con grande rammarico abbiamo appreso che ieri alle ore 15.00 si è spento il professor Guido Vettorazzo, reduce notissimo del Battaglione Tolmezzo (8° Reggimento alpini, Divisione Julia). L'intervista con cui Guido aveva raccontato la propria esperienza al Fronte Russo – in origine pubblicata nel sito www.centoventesimo.com (ora inattivo) – era stata messa in evidenza nel nostro sito il 12 marzo scorso per festeggiare il novantottesimo compleanno di questa persona speciale.

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Recensioni
Stelio Dorissa, Il fronte russo nelle lettere di un alpino della Julia
Lunedì, 20 Maggio 2019 13:08
  Recensione di Patrizia Marchesini   Stelio veniva da Fielis di Zuglio, località che oggi conta una sessantina di anime. Era nato il 23 agosto 1922 e quando partì per il Fronte Russo – il 7 agosto ’42, come riporta il Foglio Matricolare – mancavano pochi giorni al suo ventesimo compleanno. Un ragazzo, dunque. Che i tempi e gli eventi renderanno uomo in fretta.

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Notizie
L'impatto della Campagna di Russia sull'economia del Regno d'Italia - Tesi di laurea di Alessandro Brugnatti
Giovedì, 09 Maggio 2019 15:23
    Alessandro Brugnatti si è rivolto al nostro forum nel giugno 2015, nel tentativo di capire cosa accadde al prozio Eolo Brugnati, assegnato alla 10ª Compagnia del III Battaglione del 277° Reggimento Fanteria (Divisione Vicenza). Eolo, infatti, non era mai tornato a casa: come per tantissimi altri fanti della suddetta Grande Unità, di lui si persero le tracce in quell'inverno...

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Recensioni
Giovanni Di Girolamo, Prigionieri della steppa
Giovedì, 02 Maggio 2019 21:00
  Recensione di Riccardo Bulgarelli   Conosco Giovanni da tempo e sono probabilmente il meno indicato per recensire il suo Prigionieri della steppa. Tuttavia l’ampia messe di dati che fornisce e l’orizzonte a 360 gradi attraverso il quale affronta i vari aspetti di quella che fu “la storia della Celere e del 3° Reggimento bersaglieri in Russia”, sottotitolo del libro, mi rendono grato ancorché doveroso il compito.

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Testimonianze
Intervista a Guido Vettorazzo
Martedì, 12 Marzo 2019 14:35
 di Patrizia Marchesini   Guido e la moglie Ilia, purtroppo scomparsa nel 2018   Guido Vettorazzo – al Fronte Orientale con il Battaglione Tolmezzo (Divisione Julia) – non ha bisogno di presentazioni, in quanto è ben noto a chi si occupa di Campagna di Russia... L'intervista che segue è il frutto del nostro primo incontro (risalente all'autunno 2011) e venne pubblicata – allora – nel sito www.centoventesimo.com (dedicato al 120° Reggimento Artiglieria della Divisione Celere), che da qualche tempo non è più attivo. Mi sembra un omaggio doveroso riproporvela oggi, 12 marzo 2019, giorno in cui ricorre il novantottesimo compleanno del caro Guido, cui vanno i nostri auguri più affettuosi...

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Notizie
2 marzo 2019 - Cerimonia di tumulazione presso il Tempio Sacrario di Cargnacco
Giovedì, 21 Febbraio 2019 19:03
      Tra gli scopi che l'U.N.I.R.R. si prefigge da sempre vi è anche quello di "adoperarsi con tutti i mezzi per la ricerca di notizie sui Dispersi e prendere le opportune iniziative per il recupero delle salme e dei resti dei Caduti." (Articolo 3 del nostro Statuto) Per tale motivo sin dall'inizio abbiamo seguito con attenzione quanto stava accadendo nella Regione di Kirov, dove era stata scoperta una sepoltura comune di dimensioni ragguardevoli con i resti di un grande numero di prigionieri di guerra... 

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Intervista a Nelson Cenci
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La scomparsa di Guido Bellan
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Stelio Dorissa, Il fronte russo nelle lettere di un alpino della Julia
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Giovanni Di Girolamo, Prigionieri della steppa
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Intervista a Guido Vettorazzo
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2 marzo 2019 - Cerimonia di tumulazione presso il Tempio Sacrario di Cargnacco
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Viene allestito in tutta fretta un Corpo di Spedizione composto dalle due Divisioni di Fanteria Torino e Pasubio, dalla Divisione Celere (comprendente il 3° Reggimento Bersaglieri, i Reggimenti di Cavalleria Savoia e Novara e il Reggimento Artiglieria a Cavallo) e dalla Legione Camicie Nere Tagliamento. Tale forza, che assume il nome di C.S.I.R. (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), è posta al comando del Generale Giovanni Messe e conta circa 62.000 uomini, 220 bocche da fuoco di vario calibro, 153 mortai da 81, 5.500 automezzi, 4.600 quadrupedi. La copertura aerea è assicurata da 51 caccia, 22 ricognitori e 10 bombardieri. Il C.S.I.R. parte dall’Italia nel luglio 1941 e raggiunge in treno la Romania. Di qui con mezzi propri passa in Bessarabia a Botosani, base di partenza delle operazioni. Tra molte difficoltà, derivanti dalla insufficiente ed inidonea dotazione di mezzi di trasporto, le Divisioni italiane seguono a fatica l’Armata Corazzata tedesca alla quale sono state aggregate. Tuttavia, nonostante le antiquate artiglierie e la mancanza di mezzi corazzati, si comportano valorosamente; superano i fiumi Bug e Dnepr ed avanzano verso il bacino minerario del Donetz. A metà novembre 1941 conquistano gli importanti centri di Stalino, Nikitovka, Gorlovka e Rykovo. L’inverno incombente e l’estremo logoramento subito dai reparti italiani in questa guerra di movimento, per la quale non sono equipaggiati né sono stati addestrati, obbliga il C.S.I.R. a fermarsi sulle posizioni raggiunte e ad organizzarsi per trascorrere un inverno che si annuncia estremamente rigido. Il giorno di Natale i Russi sferrano contro le nostre posizioni, tenute dai bersaglieri e dalle Camicie Nere, una vigorosa offensiva che viene però contenuta e respinta con notevoli perdite. A metà febbraio giunge in Russia il primo reparto alpino: il Battaglione Monte Cervino. Un mese dopo il C.S.I.R. viene potenziato con l’invio del 6° Reggimento Bersaglieri e del 120° Reggimento Artiglieria Motorizzata.

 

COSTITUZIONE DELL’ARM.I.R. – Armata Italiana in Russia

Mussolini, intanto, è deciso ad incrementare il nostro impegno militare sul Fronte Russo, invano dissuaso dal Generale Giovanni Messe che si era reso conto della impreparazione del nostro Esercito ad affrontare una guerra di movimento in un ambiente nel quale le nostre armi, il nostro equipaggiamento, i nostri mezzi di trasporto non erano idonei. A partire dal giugno 1942 viene inviato in Russia il 2° Corpo d’Armata con le Divisioni di Fanteria Cosseria, Ravenna e Sforzesca. Tre Legioni di Camicie Nere (Montebello, Leonessa e Valle Scrivia) sono messe a disposizione dei Comandi di Corpo d’Armata della Fanteria. Ad agosto tali reparti sono raggiunti dalle tre Divisione Alpine Tridentina, Cuneense e Julia e, tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre, anche dalla Divisione di Fanteria Vicenza, destinata a compiti di presidio. Queste nuove Unità, insieme a quelle già presenti in Russia, costituiscono l’ARM.I.R. (Armata Italiana in Russia), al cui comando è posto il Generale Italo Gariboldi. Essa ha una forza di 229.005 uomini, 946 cannoni, circa 420 mortai da 81, 16.700 automezzi, 25.000 quadrupedi e 66 aerei. I Tedeschi riprendono l’iniziativa in questo settore solo nel luglio del 1942 e le Divisioni già in posto, unitamente alle altre Divisioni di Fanteria arrivate da poco in Ucraina, si spostano 300 chilometri in avanti fino ad attestarsi sulla riva del fiume Don. La Celere, l’unica nostra Divisione ad essere motorizzata, viene lanciata dai Tedeschi ancora più ad Est, fino a Serafimovic, con il compito di eliminare la testa di ponte che i Russi avevano in quel settore. I bersaglieri, in quell’azione, subiscono notevoli perdite. Lo schieramento imposto dai Comandi tedeschi alle nostre truppe sul fronte del Don, era insensatamente diluito in quanto a ciascuna delle nostre Divisioni era assegnata la difesa di circa 30 chilometri di fronte, quando le più elementari norme strategiche ne prevedono al massimo sei. La debolezza di questo schieramento è subito messa a dura prova, quando, alla fine di agosto, i sovietici attaccano in forze la Sforzesca che, dopo alcuni giorni di accanita resistenza, cede ai Russi che si impadroniscono di un’ampia testa di ponte. L’immediato intervento della Celere (richiamata da Serafimovič), del Battaglione Monte Cervino, dei Reggimenti Savoia e Novara Cavalleria, del Reggimento Artiglieria a Cavallo, del Gruppo Tagliamento delle Camicie Nere e dei Battaglioni Val Chiese e Vestone della Tridentina (dirottata in zona, mentre stava marciando verso il Caucaso) fermano lo slancio dei Russi. Savoia Cavalleria si distingue particolarmente nella carica di Tcebotarevskij (Izbušenskij), ma anche Novara carica in quegli stessi giorni a Jagodnyj. Questo periodo operativo è chiamato “Prima Battaglia Difensiva del Don”. Le perdite ammontano a quasi 3.000 Caduti e circa 5.100 feriti.

Dopo alcuni spostamenti le Divisioni dell’ARM.I.R. assumono il seguente schieramento a difesa del Don:
Tridentina all’estrema ala sinistra a contatto con l’Armata Ungherese;
Julia, Cuneense, Cosseria, Ravenna, Pasubio, Torino, Celere e, infine, la Sforzesca all'estrema destra e a contatto con l’Armata Romena.
Tra la Ravenna e la Pasubio viene inserita la 298ª Divisione di Fanteria tedesca. Tutte le nostre Unità, in particolare quelle del Corpo d’Armata Alpino, provvedono alla loro sistemazione sul terreno in modo da sopportare il lungo periodo invernale, nella convinzione che i Russi non avrebbero intrapreso nessuna iniziativa rilevante fino alla primavera successiva.

 

LA RITIRATA DELLE DIVISIONI DI FANTERIA
16-19 dicembre 1942

Mentre i Tedeschi, fin dall’agosto, stavano strenuamente combattendo per la conquista di Stalingrado senza riuscire ad occuparla completamente, i Russi preparavano la contromossa che avrebbe portato all’accerchiamento dell’Armata di von Paulus che assediava la città. Il 15 novembre, con una violentissima offensiva, rompono il fronte dell’Armata Romena, schierata a fianco dei Tedeschi e tagliano fuori da ogni rifornimento terrestre gli assedianti di Stalingrado. Imbaldanziti da questo successo, i Russi preparano una seconda offensiva, questa volta contro le nostre Divisioni Cosseria e Ravenna, in modo da tagliare in due il fronte dell’ARM.I.R.. Il 16 dicembre, con un potenziale d’urto sei volte superiore a quello delle nostre Divisioni (basti pensare che impiegano 750 carri armati e noi non abbiamo né carri, né efficienti armi controcarro), e dopo avere attaccato con insistenza a partire dal giorno 11 dicembre, i  Sovietici dilagano nelle retrovie accerchiando anche le Divisioni Pasubio, Torino, Celere e Sforzesca schierate a sud-est. Esse sono costrette a sganciarsi dalle posizioni sul Don, iniziando quella terribile ritirata che, su un terreno ormai completamente in mano al nemico, le avrebbe in gran parte annientate con una perdita di circa 55.000 uomini tra Caduti e prigionieri.

 

LA RITIRATA DEL CORPO D’ARMATA ALPINO
17 gennaio 1943

Mentre le Divisioni della Fanteria si stanno ritirando, il Corpo d’Armata Alpino riceve l’ordine di rimanere sulle proprie posizioni. A difesa del suo fianco destro, ormai completamente scoperto, viene spostata la Divisione Julia, il cui posto tra la Tridentina e la Cuneense viene preso dalla Divisione Vicenza. Per un intero mese la Divisione Julia, con immenso sacrificio, resiste ai martellanti attacchi sovietici. Il 15 gennaio i Russi partono per la terza fase della loro grande offensiva invernale e, senza spezzare il fronte tenuto dagli alpini, ma infrangendo contemporaneamente quello degli Ungheresi al Nord e quello dei Tedeschi al Sud, li chiudono in una tenaglia. Inizia così la disastrosa ritirata su un terreno ormai completamente in mano all'avversario, in cui le Divisioni Alpine devono conquistarsi con duri combattimenti ogni chilometro verso la salvezza. Solo una parte della Tridentina e piccoli reparti di altre Divisioni, appoggiati dai resti del XXIV Corpo Corazzato tedesco, riuscirà il 26 gennaio a sfondare l’ultimo sbarramento russo a Nikolaevka mentre la Cuneense, la Julia e a Vicenza saranno praticamente distrutte a Valujki dopo cento chilometri di ritirata. In questa terza fase altri 40.000 uomini tra il Corpo d’Armata Alpino e personale direttamente dipendente dall’Armata rimarranno nella steppa.

BILANCIO DELLA CAMPAGNA DI RUSSIA

Tra marzo e maggio del 1943 i resti dell’ARM.I.R. vengono rimpatriati e si fanno i primi conti delle perdite. La forza complessiva presente all’inizio dell’offensiva russa era ufficialmente di 229.005 uomini e, secondo i dati pubblicati in seguito dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, mancavano all’appello 84.830 uomini. Oggi, dopo approfondite indagini presso ciascun Comune e ciascun Distretto Militare, da parte dell’Ufficio dell’Albo d’Oro – Sezione del Ministero della Difesa che funziona da anagrafe di tutti i militari – il numero degli Italiani che non hanno fatto ritorno dal Fronte Russo è di circa 100.000. Tenuto conto che circa 5.000 erano caduti per i fatti d’arme antecedenti all'11 dicembre, le perdite della ritirata sono di 95.000 uomini. Secondo i dati più recenti, desunti dalla documentazione esistente negli archivi russi, finalmente aperti ai ricercatori italiani, 25.000 sono morti combattendo o di stenti durante la ritirata e 70.000 sono stati fatti prigionieri. Questi prigionieri furono costretti a marciare per centinaia di chilometri e poi a viaggiare su carri bestiame per settimane, in condizioni allucinanti, senza mangiare, senza poter riposare la notte, con temperature siberiane. Coloro che riuscirono a raggiungere i lager di smistamento – improvvisati, disorganizzati, con condizioni igieniche medioevali – erano talmente denutriti e debilitati che le epidemie di tifo e dissenteria ne falciarono ben presto la maggio parte. Siamo in possesso dei nominativi degli Italiani deceduti con certezza nei lager, quasi tutti nei primi sei mesi del 1943. Solo nel 1945 e, per quanto riguarda gli ufficiali, nel 1946, circa 10.000 sopravvissuti furono restituiti dall’Unione Sovietica. Dalla documentazione russa risulta la presenza di Italiani in circa 400 diversi lager, i più tristemente famosi dei quali sono quelli di Tambov – dove morirono circa 10.000 Italiani – quelli di Mičurinsk, di Khrenovoe, di Tëmnikov, di Oranki, di Suzdal'.

 

 

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