Gentile sig.a Patrizia,
me lo lasci dire: finalmente! Per lungo tempo ho cercato disperatamente notizie su questo disgraziatissimo Reparto del Corpo d’Armata alpino che ebbe ben 95 (: sono quelli contati! Tenga presente che una Compagnia poteva comprendere solo qualche centinaio di uomini) tra caduti (compresi i morti in prigionia) e dispersi; e ho sperato notizie da parte di qualche parente di questi Ragazzi che ne facevano parte.
Ho tra le mani oltre un centinaio di lettere del mio congiunto, che aveva l’abitudine di scrivere a casa quasi ogni giorno: ho dovuto riordinarle, renderle in un italiano accettabile), compararle con le Fonti storiche, verificare ed infine ricostruire gli accadimenti, per tirare le somme. Quando cominci una ricerca del genere la “storia” ti avvolge e ti travolge e non finisci mai più di ricercare, studiare, approfondire.
Mio zio materno PIETRO PATRUNO, appena più piccolo del Vostro Raimondo, partì l’anno ’42, appena compiuti vent’anni: il 2 di febbraio era già nei ranghi del Regio Esercito; il 4 era effettivo alla 1^ Compagnia chimica di stanza a Caselette di Torino. Pietro aveva fatto la quarta elementare ed era contadino.
E’ classificato disperso in Russia dal 1°.1.’43. In realtà, è un falso. A quella data Pietro era vivo perché ho trovato una sua cartolina postale militare spedita il 12.1.’43 alla famiglia in una situazione di relativa tranquillità (: manda saluti e baci al Padre).
Col suo Reparto si trovava Rossosch (ove era allocato il Quartier generale del Corpo d’Armata alpino) e deve essere rimasto in vita almeno fino al 15, quando una colonna di carri russi tentò inutilmente di prendere la città, che comunque cadde il giorno dopo. Ovviamente può aver perso la vita proprio il 16, nella disperata difesa di Rossosch. Diversamente, dobbiamo supporre il 13 o il 14 gennaio impegni imprevisti ed improvvisi del suo Reparto, mandato ad esempio in esplorazione o di rinforzo ad altre Unità e nefaste conseguenze; oppure un sopravvenuto stato di infermità e perfino un suo volontario allontanamento. Eventi possibili ma che comunque, in una situazione stazionaria (come appunto quella di quei giorni del 13 e 14) dei Reparti di stanza a Rossosch, sarebbero stati noti a qualcuno dei Comandanti e/o registrati da qualche parte, dal momento che la Catena di Comando era pienamente attiva.
Una possibile prova della sua esistenza in vita fino a quella data è una testimonianza diretta individuata da Patrizia MARCHESINI dell’UNIRR, riportata in “Fronte Russo: c'ero anch'io - Vol. 2°” di Giulio BEDESCHI.
Si tratta del racconto del Soldato Giuseppe Gitto, appartenente appunto alla 1^ Compagnia chimica, sopravvissuto e poi rimpatriato. Dal racconto di questo commilitone dei nostri due Ragazzi si deduce che con molta probabilità il 15 gennaio tutta la 1^ Compagnia chimica era operativa ad ogni effetto e veniva impiegata sul posto, di rinforzo ai Carabinieri per operazioni di controllo e polizia sul territorio. Gitto dice pure che dopo l’attacco russo giunse l’ordine ai Carabinieri ed a loro di lasciare immediatamente la città, la cui difesa veniva delegata ad altri Reparti, e di seguire (dato che Carabinieri e 1^ Compagnia chimica erano, insieme ad altre, Unità direttamente dipendenti) il Quartier generale del Corpo d’Armata alpino, che si trasferiva a Podgornoe. Possiamo supporre che la 1^ Compagnia chimica era ancora coesa se Gitto, sia pure dopo diversi giorni di marcia nella successiva ritirata, incontra il suo Comandante di Compagnia e questi gli procura,addirittura, nuovi scarponi. Su quel che accadde dopo si possono fare delle ipotesi. Qualora Voi aveste piacere, potrei continuare; anche con una corrispondenza telematica diretta, al mio indirizzo di Posta elettronica che prego l’UNIRR di fornirvi. Cordiali saluti. Domando perdono ma non sono GIOIA bensì (il dott.) Giacinto DI GIOIA.