Cara Alessandra,
la curiosità è più che legittima, ma le sue sono domande a cui non è facile rispondere... almeno non per quelle che sono le mie competenze. Magari altri possono essere più esaustivi, cmq ci provo.
Chi fu ucciso durante gli scontri durissimi nei giorni che precedettero il ripiegamento venne di norma sepolto nei nostri cimiteri campali, che erano a cura dei cappellani militari. A dire il vero proprio la sottoscritta ha appena terminato il riordino di un certo numero di immagini relative ai cimiteri campali italiani al Fronte Orientale. Se vuole dare un'occhiata... clicchi
qui
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I morti durante il ripiegamento, invece, per le circostanze eccezionali in cui i nostri soldati vennero a trovarsi, vennero lasciati lì, insepolti. Una volta giunto il disgelo fu la popolazione locale a occuparsi di scavare fosse comuni in cui i morti vennero inumati.
Onorcaduti - negli anni '90, in seguito ai cambiamenti che portarono al dissolvimento dell'URSS - è riuscita a esumare parecchi di quei caduti sepolti nei cimiteri campali (da notare che i nostri cimiteri vennero però distrutti dai Sovietici in avanzata verso ovest); per comprendere dove i cimiteri stessi erano situati Onorcaduti si è basata sui disegni, sugli schizzi e su quanto avevano stilato all'epoca i nostri cappellani militari.
Grazie alla testimonianza della popolazione del luogo, in alcuni casi è stato possibile localizzare alcune delle fosse comuni di cui sopra.
I resti di quanti furono esumati a cura di Onorcaduti dai cimiteri campali o da tali fosse comuni furono trasportati in Italia e le famiglie di chi venne identificato furono avvertite dal Ministero della Difesa. Un certo numero di questi nostri soldati, ritornati in Patria dopo così tanti anni, riposa nel Sacrario di Cargnacco, ma alcune famiglie hanno deciso di inumare i resti del proprio caro in altro cimitero di loro scelta.
In quanto ai combattimenti di Zapkovo (Capkovo) - o anche relativamente a qualsiasi altro combattimento al Fronte Orientale - nel testo a cura dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito non vengono citati quei dettagli che per i familiari di uno scomparso sono fondamentali.
Simili particolari sono tipici dei testi di memorialistica. Purtroppo non ho letto nulla di specifico sui Gruppi di Battaglioni di Camicie Nere... la memorialistica è davvero vasta (basta guardare l'elenco bibliografico disponibile in questo sito). Qualcosa le avevo consigliato, mi pare...
Sulla sorte di chi venne ferito durante gli scontri suddetti... dipende dove si trovava il ferito al momento dell'arrivo dei Sovietici. Da alcune testimonianze di reduci si capisce che, per assurdo, chi subì una ferita grave fu in qualche modo più
fortunato. Perché magari venne trasferito subito in un ospedale più attrezzato nelle retrovie, invece di rimanere nel posto di medicazione o nell'ospedale da campo a ridosso delle prima linea.
Se vuole può leggere, al riguardo, l'esperienza di
Antonio Careddu
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Purtroppo i Russi - per ovvi e crudeli motivi dettati dalla
praticità - non si occuparono di quei prigionieri che non erano in grado di marciare autonomamente per raggiungere i campi. Durante le marce del davaj chi non si reggeva in piedi e rimaneva indietro venne di solito eliminato senza troppi scrupoli dalla scorta.
Escluderei, quindi, che i feriti ricoverati nei nostri ospedali da campo quando vi arrivarono i Sovietici siano stati portati negli ospedali russi. Non in quella fase concitata, in cui l'avanzata sovietica procedeva veloce. I soldati italiani feriti, in alcuni casi, furono uccisi sul posto, perché - la
praticità crudele cui ho più sopra accennato - sarebbe stato complicato provvedere a loro.
In altre circostanze - vedi quanto accadde a Valuiki, dove i prigionieri (ma qui si parla di Corpo d'Armata alpino) rimasero ammassati per circa un mese in condizioni terribili, più o meno senza cibo né assistenza - i feriti morirono nel totale disinteresse delle autorità sovietiche, aiutati da nostri ufficiali medici a loro volta catturati (che nulla o quasi avevano a disposizione per curare malati, feriti e congelati) e confortati dai nostri cappellani militari eventualmente presenti.
Si comprende cosa può essere accaduto a tutti quegli sfortunati. Molti morirono in breve tempo, moltissimi altri morirono poi durante i trasporti ferroviari, che furono terribili.
Esistevano anche dei lager-ospedale, contrassegnati di solito da un numero a quattro cifre (esempio: il lager-ospedale 2074 di Pinjug), dove la mortalità - nei primi mesi del 1943 - fu altissima (come d'altronde in tutti i lager che accolsero in un primo tempo i prigionieri italiani), considerando l'impatto che le marce del davai e i trasporti ferroviari avevano avuto su organismi già molto debilitati dal freddo, dalla mancanza di riposo, da un'alimentazione inadeguata (per non dire quasi del tutto inesistente). Consideriamo, poi, che la maggioranza dei prigionieri aveva affrontato giorni molto difficili prima di essere catturata, sia durante i combattimenti, sia durante il ripiegamento.
Sulla prigionia in genere esistono libri esaurienti. Così sui due piedi mi vengono in mente il
Rapporto U.N.I.R.R. sui prigionieri di guerra italiani in Russia e il volume di Maria Teresa Giusti,
I prigionieri italiani in Russia.
L'elenco delle Camicie Nere - o ruolino - appartenenti alla 38ª Legione (ma credo che le converrebbe puntare al ruolino del XIV Battaglione) non so dove potrebbe reperirlo. Il ruolino del reparto cui era assegnato il proprio familiare scomparso è il miraggio di tutti quanti fanno ricerche.
Io stessa non sono mai riuscita a trovare quello della 4ª Batteria del Reggimento Artiglieria a Cavallo, di cui mio nonno faceva parte. Comprendo bene il suo desiderio, perché darebbe la possibilità di trovare commilitoni del proprio caro, eventualmente ancora in vita, che potrebbero fornire informazioni preziose.
In quanto alle ricerche e agli enti da contattare, ha - avevamo iniziato a darci del tu, perché non proseguiamo? - dato uno sguardo alla pagina con le domande frequenti? Spero possa trovarvi indicazioni utili.
Buon fine settimana.
Patrizia