Per il suo 99° compleanno il reduce Antonio Sacchi, nato negli Stati Uniti il 26 luglio 1919, ha messo in cantiere un progetto insolito: farà dono a parenti e amici di un memoriale (in tutto circa un'ottantina di pagine) che ripercorrono la sua vita.
Antonio partì il 2 dicembre 1942 con l'LXXXIX (89°) Battaglione di Sanità e, al Fronte Orientale, sarebbe dovuto essere incluso nel personale dell'Ospedale da Campo n. 64 (Intendenza dell'8ª Armata).
Sceso dalla tradotta a Kupjansk, raggiunse con automezzi prima Dnepropetrovsk e poi Vorošilovgrad... dove - insieme ad altri - venne aggregato all'Ospedale di Riserva n. 4.
Causa l'evolversi degli eventi, anche i reparti di Sanità dislocati a Vorošilovgrad dovettero arretrare.
Antonio - che aveva il grado di sergente - si trovò con un gruppetto di uomini, privo del supporto di ufficiali che avevano lasciato soli i sottoposti.
Procedette un po' alla ventura, evitando i grossi centri abitati e vivendo (come tanti altri nostri soldati) giorni di freddo terribile, di fame e fatica... con il timore costante di essere catturato dagli avversari.
Vagando in tal modo il gruppo, cui nel frattempo si erano aggiunti altri Italiani, giunse a Har'kov, dove la situazione si presentò abbastanza caotica.
L'8 marzo 1943 venne formato un convoglio ferroviario che poi partì, arrivando a Gomel' nel tardo pomeriggio della medesima giornata.
Per la prima notte in città agli uomini fu offerta una sistemazione su un carro bestiame.
Ma il riposo fu interrotto da un bombardamento aereo che aveva come obiettivo la stazione e che, purtroppo, fece diverse vittime...
Antonio - che insieme ad altri era riuscito a salvarsi riparandosi in un fosso - non avrebbe mai dimenticato ciò che vide il mattino seguente.
Quello stesso giorno, grazie a carrette militari, Antonio e altri uomini della Sanità raggiunsero la periferia di Gomel' e - finalmente, dopo due mesi di peregrinazioni - l'Ospedale da Campo n. 64, che a sua volta era ripiegato dal settore in cui si trovava.
Cominciò così un periodo di calma relativa, durante il quale Antonio e il personale ospedaliero diedero assistenza ai ricoverati.
Questi ultimi non erano tantissimi, a dire il vero, perché una parte degli uomini bisognosi di cure era stata rimpatriata o era in procinto di rientrare in Italia.
L'ospedale era l'unico edificio in muratura della piccola località di Nova Belitza. In zona erano presenti molti partigiani, che di solito non attaccavano le nostre truppe... ma Antonio e gli altri difficilmente si avventuravano all'esterno con il buio.
Anche di giorno era ritenuto prudente non uscire mai da soli.
Gomel' e dintorni erano spesso obiettivo degli aerei sovietici, che cercavano di colpire e distruggere la locale polveriera.
Vi riuscirono il 10 maggio 1943 e il primo scoppio fu - per dirla con le parole di Antonio -
apocalittico.
Anche l'ospedale subì le conseguenze di tale attacco: porte e finestre furono divelte e la cucina si trasformò in un cumulo di macerie e rottami.
Antonio lasciò Gomel' il 19 maggio 1943: Minsk, Brest Litovsk, Cracovia, la Germania, Vienna furono alcune delle tappe verso l'Italia.
A Vipiteno trascorse il periodo di contumacia, sino al 13 giugno 1943.
Per riabbracciare i propri cari, tuttavia, Antonio avrebbe dovuto attendere ancora a lungo: prima fu destinato a San Salvatore Monferrato.
Poi vi furono gli eventi legati all'8 settembre.
Dopo molte peripezie e un viaggio avventuroso, Antonio riuscì ad arrivare a Carovigno, in provincia di Brindisi, dove viveva la sua famiglia.
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Ad Antonio, seppure in ritardo, vanno i nostri più cari auguri.
Antonio Sacchi, nel giorno del suo 99° compleanno
Il reduce con i tre figli
Antonio, circondato da nipoti e pronipoti
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Grazie di cuore a Sabino Sacchi, figlio di Antonio, per le notizie e le immagini fornite.
Patrizia