Da Vainà kaputt – Guerra e prigionia in Russia (1942-1945),

Gino Beraudi, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto, 1996

 

vaina kaputt"Vuota è la casa che tu mi hai lasciato, mentre tu dormi l'eterno tuo sonno." [...]

La piatta pianura bielorussa, bruciata dal sole di luglio, non sembrava fatta dallo stesso Dio che aveva creato i colli verdi di prati e di vigne della Val Maira, che da tempo – dieci giorni o un secolo – avevamo lasciato.

"Sola qui dentro non posso più vivere. Si strugge il cuore nel cupo rimpianto. Triste domenica!"

Ed era domenica davvero. Sentendo la bassa voce di contralto che balzava su dal disco, pensavo – tuttavia senza presentimenti e senza rimpianti – che era proprio domenica, da poi che Don Oberto aveva al mattino, durante una sosta in una stazione sperduta, celebrato la messa al campo dentro un quadrato di alpini, dietro i quali – ma a distanza – un gruppo di contadine silenziose sembrava volessero dirci che erano insieme a noi in Dio, e tuttavia separate da noi dalla inumana barriera che divide vinti e vincitori.

Che era domenica, e certo Tinin a quell'ora, con i due più piccoli per mano, passeggiava lungo la spiaggia e tutte le donne e i bimbi e gli imboscati in Italia stiravano le braccia dopo la siesta pomeridiana.

"Poso la testa sul vuoto cuscino. Cerco l'impronta del volto tuo pallido e l'accarezzo con mani che tremano. Triste domenica!"

Alto, adusto, si è ora inquadrato nel vano della portiera il capitano Chiaramello. Allunga una mano, strappa il disco dal grammofono e lo butta da finestrino.

Nessuno si meraviglia del gesto. Ognuno le cose le vede a suo modo. Sappiamo che ha lasciato, in un ultima silenziosa stretta disperata, la donna che ama. E certo, con quel lusso romantico che soltanto l'amore senza doveri verso terze creature può consentire, si saranno permessi – nella frenesia dell'ora che precede l'addio – di pensare alla morte.

Io no: ché se ci avessi lontanamente pensato, non avrei avuto cuore di lasciare la sposa e tre bimbi. Quattro doveri. E allora ci si è lasciati, allo scadere dell'ultima licenza, sulla soglia di casa – alla stazione no, è un disagio e un imbarazzo – e i bimbi dormivano ancora.

Con un casto bacio ci si è lasciati, sorridendo. E una stretta di mano ha suggellato un patto, che non avrei avuto coraggio di esprimere a voce alta: "Tornerò!"

 

 


 

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