campo girasoli 1Le seguenti parole furono scritte dal reduce Melchiorre Piazza, già presidente U.N.I.R.R., e rappresentano lo spirito dell'associazione, così come fu voluta dagli stessi reduci e come ci piace ancora ricordarla.

CHI SIAMO, PERCHÉ SIAMO


Siamo contrari al reducismo inteso come revival di tempi lontani conclusisi con il rientro nella vita civile. Non portiamo uniformi, fazzoletti al collo o altre insegne, basta un copricapo che a volte portiamo per individuarci. Non sfiliamo marciando, ma camminando ci rechiamo nei luoghi ove si ricordano i nostri Caduti. Non esaltiamo vittorie, né giustifichiamo sconfitte. Siamo una parte del popolo italiano che ha portato sulle proprie spalle il peso di una guerra. Ci confondiamo con il popolo che questa guerra ha pagato con lacrime e sangue.

Non vantiamo benemerenze, né ricerchiamo onori o riconoscimenti. Non ricordiamo più le nostre ferite. Solo piangiamo i nostri Morti. Noi non ricordiamo più nulla. Né il gelo mortale, né le orrende carneficine, né i supplizi dei campi di concentramento. Non ricordiamo più il volto del giovane ufficiale dei bersaglieri che offre la sua vita per fermare un  mostruoso ordigno che ci minacciava di sicura morte. Non ricordiamo il baffuto graduato che, abbarbicato alla sua arma, ci lascia il tempo per sfuggire all'accerchiamento. Non ricordiamo l'anziano colonnello che alla testa di un pugno di uomini apre un varco agli altri che arrivano finché si abbatte fra le loro braccia. Non ricordiamo più la neve, il gelo, le isbe accoglienti e pur micidiali trappole, non ricordiamo i 700 o 1000 chilometri percorsi, né la lunga fila di sagome immobili lasciate dietro di noi, né la marcia del "Davai", né i colpi di grazia scaricati su chi si fermava. No!
Siamo degli uomini duramente provati che hanno trovato la forza di credere ancora nella vita e, quasi compiendo un ultimo dovere che ci competeva, ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo chinato la schiena nel lavoro.
Rientrando in Patria ed edotti di quanto era avvenuto ed avveniva ci mettemmo in disparte, ci armammo dei ferri del mestiere e, tenacemente, senza una protesta, senza grida, senza pretese, umilmente ci accingemmo a partecipare alla ricostruzione del nostro Paese, delle nostre Famiglie.
Non ci importò trovare la casa distrutta, il posto di lavoro scomparso, la famiglia dispersa qua e là.
Ci armammo di coraggio e di fede e questa volta la storia coronò i nostri tenaci sforzi.
Ma un tarlo rodeva i nostri cuori.
Rientrando in Patria trovammo solo i nostri cari ad accoglierci.
Pur nella dolorosa odissea ci aspettavamo un gesto, un abbraccio della Madre Patria, da noi tanto sognata, che ritrova i suoi figli. E invece qualche sparuto e sporadico saluto, ma soprattutto indifferenza e quasi insofferenza.
Non capi di Stato o di Governo, non Ministri o Generali, ma le Crocerossine con le pompe al DDT.
Nella nostra ansia di avere una degna Patria ed una famiglia ricostituita e felice, lasciammo passare l'ubriachezza di falsi storici e le menzogne clamorose di ideologie inumane che serpeggiavano ormai in tutti gli ambienti. Dopo i nostri timidi racconti non creduti ci chiudemmo in un dignitoso mutismo. Alcuni di noi emigrarono un po' ovunque per non sentirsi estranei in Patria.


ECCO CHI SIAMO!

PERCHÉ SIAMO?

 

Perché vogliamo che questa tragica pagina della Storia d'Italia non sia del tutto cancellata, come se non fosse avvenuta. 

Vogliamo riavere i resti dei nostri Caduti. Li vogliamo qui tra noi! Sappiamo quanto ciò sia difficile.
I prestigiosi Presidenti Nazionali dell'U.N.I.R.R. hanno speso immense energie e infinita pazienza nella anticamere ministeriali. Appelli, proclami, preghiere insistenti sono stati consegnati a tutti i Presidenti della Repubblica, a Presidenti del Consiglio, ai vari Ministri degli esteri, alle Ambasciate italiane e russe, ai Presidenti dei Veterani russi, al Vaticano. Ogni occasione di visite scambievoli è stata colta per presentarsi, per chiedere, per implorare. E insisteremo ancora e sempre!
Vogliamo che nelle scuole, nelle caserme, siano ricordati i Caduti e i Dispersi; i nostri fratelli che immolarono la loro giovane vita per compiere un supremo dovere.
Molte vie di città italiane, molte caserme non portano i nomi dei nostri Eroi decorati di medaglia d'Oro.
Lo pretendiamo!
I nostri Labari debbono essere presenti ad ogni manifestazione d'italianità per dimostrare ancora e sempre quali sentimenti animano i veterani di Russia. Ognuno di noi ha visto cadere al proprio fianco uno o più commilitoni, li ha sorretti nella dura marcia di ripiegamento, li ha incoraggiati nelle tenebre della prigionia. Vorremmo che non venissero ignorati tali episodi di fratellanza e di eroismo che allora ci tennero uniti ed il sacrificio di tanti per la salvezza di pochi. Vorremmo che non fossero ignorati dalle nuove generazioni le gesta dei loro padri. Se è vero che negli anni bui perdemmo la fiducia in questa nostra Italia squassata da idee folli e dalla perdita di ogni valore morale, patriottico e civile, è anche vero che oggi i giovani hanno voglia di sapere.
Voglia di conoscere cosa hanno fatto i loro padri, i loro nonni. Sentono parlare di Don, di Izbušenskij, di Nikolajevka, di Mičurinsk, di Tambov, di Khrenovoe, di Suzdal' e non sanno che da quei posti sono passati e sono rimasti per sempre circa 90.000 soldati italiani.
Non sanno che lungo il cammino della sconfitta brillarono di una eroica luce gli eroismi di tutta una Armata. Non conoscono le Divisioni che si immolarono sui campi di battaglia: la Cuneense, la Julia, la Tridentina, la Sforzesca, la Torino, la Cosseria, la Ravenna, la Vicenza, la Pasubio, la Celere, la IV Flottiglia Mas, l'Areonautica F.O., il Raggruppamento CC.NN., i Carabinieri.
Non sanno che 153 medaglie d'oro, quasi tutte alla memoria, sono la punta di un iceberg sotto il quale mille e mille sconosciuti EROI giacciono per sempre senza medaglie né onori.
Per loro, per il loro supremo sacrificio, per le loro eroiche gesta sono state conferite 31 Medaglie d'Oro alle Unità combattenti.
L'U.N.I.R.R. si propone di valorizzare, fare iscrivere sugli Albi d'Oro della Patria queste pagine di storia affinché il popolo italiano ne conservi gelosamente la memoria.
Le guerre diventano lievito di un popolo anche se sono state perdute purché non siano artificiosamente cancellate per soddisfare le meschine ideologie limitate dal tempo che inesorabilmente le cancella, mentre la Storia di un popolo è perenne ed indistruttibile.
Storia di un popolo fatto di guerre vinte o perdute, di civili progressi e di momenti bui, di luci e di ombre, di frenetici sviluppi e di brevi stasi.

M. P.

 

 

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