Il testo, di Patrizia Marchesini, è frutto di un incontro con Fabio Giorgetti  – nipote di Agostino – ed è pubblicato anche nel sito www.divisionevicenza.com.

 

 

01.Collage Agostino Giorgetti 

 

Di te, di quanto ti è accaduto, mi sono sempre interessato fino a un certo punto.

C’era mio babbo, a occuparsene e solo dopo la sua morte mi sono reso conto di quanto avesse fatto, della tenacia nel cercare e cercarti.

Ho letto documenti e lettere, le tue tante lettere. All’inizio dando solo un’occhiata qui e là, senza indugiare troppo. Lui ha conservato tutto con cura, con amore. L’amore di un figlio per un padre mai conosciuto.

Aveva poco più di un anno, mio babbo, quando sei partito, ma – nonostante la consapevolezza dell’impossibilità di un ritorno – per certi versi non ha mai smesso di aspettare.

È riuscito addirittura a riservarti un posticino in una mostra organizzata a Predappio nel 2010. Uno spazio per la tua storia scritta sulla neve e per gridare il suo no alla guerra, soprattutto a quella che ti aveva portato via. Ha predisposto ogni cosa, anche se all’epoca era già sulla sedia a rotelle.

Ora, con quanto è successo, ho cominciato a leggere tutto, maneggiando con estrema cautela la carta così sottile su cui scrivevi alla famiglia. Fra le tue quattro sorelle e i tre fratelli, Silvio era il tuo preferito.[1] Con lui avevi un rapporto speciale, ed era a lui, oltre ai tuoi genitori, che mandavi notizie. A lui e a Pia, naturalmente... tua moglie, la madre di mio babbo.

Ho letto, nonno, e ho iniziato a conoscerti un pochino.

 

 

02.Chiesetta di VecchiazzanoSei nato a Sorbano, in provincia di Forlì,[2] nel 1915. Hai fatto il militare nella Regia Aeronautica. Nel settembre 1940 sposi Pia, in una chiesetta piccola, a Vecchiazzano.

Richiamato alle armi circa un mese dopo, vieni trasferito più volte. Finché il 5 ottobre 1942 – assegnato alla Divisione Vicenza – parti per il Fronte Orientale.

Da Rovato, in provincia di Brescia, la tradotta sbuffa verso il Brennero.

Poi Vienna, la Cecoslovacchia, Leopoli.

 

 

 

13-10-42, XX

Carissima Moglie,

Invio a te questa mia da Kiev.

Siamo arrivati alle ore 17. Si prosegue.

Si vede tutto dove ce stato i combattimenti, e bombardamenti, fa persino brutto vedere...

Tanti saluti e tanti baci a te e Gilbertino.[4]

Tanti saluti alla famiglia.

Tuo caro Marito Agostino

 

[Leggi la cartolina.]

 

Il 15 ottobre la tradotta giunge a Kursk, in Russia, per poi piegare verso sud rientrando di nuovo in territorio ucraino. Poi Har’kov e infine – il 16 ottobre – l’arrivo a Kupjansk.

 

16-10-42, XX

Mia carissima Moglie

Appena arrivato invio a te questa mia, perché tu abbi subito mie notizie. La mia salute è sempre ottima, altrettanto ne spero di te – e Gilbertino – e famiglia. Siamo arrivati qui in questo paese alle ore 6 di stamattina. Tutto il nostro viaggio è andato bene.

Ora siamo qui in un paese tutto bombardato e abbandonato dai Russi. [...]

Lunedì mattina partiamo di qui e andiamo più lontano di qui altri 140 chilometri. Non però verso il fronte. [...]

Poi, quanto siamo là, andiamo sparsi un plotone da una parte e uno da l’altra [...]. Il nostro lavoro e di presidio: sorvegliare i prigionieri mentre lavorano.

Noi col Comando Compagnia andiamo nel centro migliore. Io non farò ne guardia, niente, soltanto l’attendente al capitano.[5] Il lavoro più pesante sarà quello per me di tenere acceso la stufa tutto il giorno in camera del capitano.

Andiamo accantonati nelle case, senzaltro staremo bene. Io starò sempre meglio di tutti gli altri. Qui dove ora siamo, dormo asieme al capitano ed gli altri due uficiali nostri della Compagnia; insieme pure il tenente medico: tutti in una camera. Sono sempre fortunato, vero, cara?

 

03.Ritaglio Lettera 16 10 42 

Anche dove andremo mi saprò sistemar bene, non sofrirò nulla. Per il mangiare il magazzino l’abbiamo al Comando di Compagnia; a noi mai nulla mancherà.

Stando sempre coi superiori, si sta sempre meglio di tutti gli altri.

Per andare in quel territorio ove ci è stato assegnato da presidiare, non cè ferrovia, quella che cera è stata rotta, e poi non è servibile per i nostri treni.

Perciò tutta la Compagnia bisogna andarci a piedi. Io come attendente carico sul camion della Compagnia tutto il materiale del mio capitano, asieme la sua carico anche tutta la mia; io vado in camion asieme al materiale [...].

Io in una mezza giornata ci vado, gli altri a piedi impiegheranno 3 o 4 giorni. Io mi risparmio una bella camminata, vero? [...]

Sposina mia: ora ti racconterò un po’ di questi paesi ove noi abbiamo traversato e dove ora siamo. Tutto ciò che ti dico non puoi crederlo senza vedere.

Abbiamo camminato per circa otto giorni in territorio occupato dai Tedeschi. [...] Si vede ancora tutti i disastri: tutte le città, le stazioni, fabriche di questo immenso territorio russo, occupato dai Tedeschi, sono tutte bombardate e distrutte.

I Russi nella loro ritirata bruciavano tutto, per non lasciare in mano dei Tedeschi... Tutto facevano saltare in aria. Si vede nei campi ogni tanto in tanto diversi carri armati russi inchiodati dalle cannonate tedesche. Camions, treni un infinità: rovesciati, incendiati, bombardati; da per tutto e un cimitero di materiale abbatuto.

Tu non potrai mai credere quanto sia grande l’Ucraina, ricca di tutte le materie. Soltanto però non ci sono strade come da noi, neanche nelle città ci sono, da per tutto ci sono strade fatte così, [a] forza di camminarci sopra. [...]

Le case sono fatte in campagna, quasi tutte di legno e paglia, impiastrate con la malta di campi, e poi le danno il bianco. Sono pure coperte di paglia, come da noi le capanne. [...] Gli abitanti che ci sono sembran tutti zingari, sono tutti sporchi, tutti strappati, fanno pietà. [...]

Viva l’Italia, non vedo l’ora di ritornare, in confronto di qua tutta l’Italia e un giardino. In tutto questo territorio occupato non esiste più negozi, neanche nelle grandi città, niente si può comperare. Tutti i miei soldi che prendo li mando a casa. Fin ora il mangiare e sufficiente. [...]

Moglie mia, io ancora nulla o ricevuto da te. Spero almeno tu abbi ricevuto. Ti o sempre scritto tutti i giorni. Salve casi eccezzionali ti scriverò sempre tutti i giorni [...]. Mi sembra di essere perduto da giorni che non so niente di voi, come sto male... La prima lettera specialmente che riceverò proverò certo una grande emozione. Quanta gioia, proverò. Prima di addormentarmi sto ore, ore sveglio pensandovi, e farmi tante tante visioni; mi sembra di vedervi proprio vicino. Vedrai, cara, ciò tutte le speranze di riesservi vicino, al vostro fianco, al più presto per sempre. Mi faccio questo coraggio io, speriamo che il mio pensiero venga in realtà. Faremo una grande festa... staremo abbraciati un secolo tutti tre dalla gioia che proveremo [...]. Mangia, ingrassati, e stai contenta.

Vi sono fra le vostre braccia anche da lontano. [...] l’unico conforto sono le vostre care fotografie. Le guardo sempre sempre. [...]

A tutti e due vi abbraccio forte forte coprendovi di caldi bacioni.

Tuo affezionatissimo Sposo. – Agostino –

 

Kupjansk è distrutta dai bombardamenti. Funziona da Comando Tappa ed è controllata dai Tedeschi che hanno imposto il coprifuoco alle sei di sera.

Il capitano vi ordina di trovare un luogo per trascorrere la notte e tu, insieme ad altri soldati, raccatti bottiglie e barattoli vuoti da utilizzare come porta candele.

Passi la notte sul pavimento, avvolto nelle coperte.

 

Il 24 ottobre giunge l’ordine di ripartire. La nuova destinazione è Rubežnoe.

Non vi sono mezzi di trasporto per tutti e parecchi soldati percorrono quei 130 chilometri a piedi. Tu no, usi la bicicletta che il capitano ti ha lasciato in consegna.

 

29-10-42

Carissima moglie mia[...] Da quanto sono partito da Rovato o ricevuto soltanto un giorno da te 7 lettere tutte in una volta [...]. Tutte quante il giorno 22, le ricevette. [...] Comunque in quei cinque giorni[6] che abbiamo impiegato per fare questa lunghissima marcia il tempo da scrivere, come già immaginerai, non c’erà.

Si arrivava alle tappe tardi, e stanchi, e in più non cera in nessun posto la luce, in nessuna città ci sta corrente eletrica... tutto e distrutto.

Ti dirò che se dura la stagione così non cè bisogno di adoperare indumenti invernali, si pò dire.

L’anno scorso qui dove ora siamo noi, in questo periodo cera 35 gradi di freddo sotto lo zero, mentre quest’anno si va benissimo, senza giacca, quasi. Senzaltro verrà il freddo ma dogni modo io me ne sto bene al caldo.

Qua bisogna fare anche da lavandaia, ogni uno di noi dobiamo lavarci i panni, in più io debbo lavare anche quelli del capitano. Ti giuro però che tutti gli altri desidererebbero fare quello che faccio io, ti giuro che faccio una vita comodissima, tanto per il mangiare come per il dormire [...].

Il mangiare è buono abbastanza. Qui ci danno il vero caffè in grana, proprio quel buono. Quaranta grammi di marmellata al giorno, 5 sigarette al giorno, 250 grammi di carne, 600 grammi di pane.

In complesso si mangia abbastanza bene, io le sigarette le vendo, io non fumo.

Tu non puoi immaginare quanto appetito io abbia aquistato, mi mangio tutto quello che mi danno e poi mangerei ancora. Mi sono anche ingrassato un pochettino.

Senti, cara, in quella abitazione dove andiamo ci sono anche i lettini, 4 lettini per ogni camera... mi riposo per tutto questo tempo che o dormito sul duro legno, o pure sul duro pavimento. [...]

Indumenti di lana non ne o bisogno, ne o abbastanza. Se per caso fai un pacco, metteci un po di zucchero, 5 o 6 scattole di cerini fiammiferi. [...]

Qua appena si fa buio si va a letto, nessuno po usire, e poi allo stesso tempo non ce niente, ne botteghe, niente caffè. Tutto disabitato, si po dire. I padroni della città siamo noi. Siamo accantonati in un grandissimo palazzo, prima era un istituto russo. Domani o doppo domani cambiamo abitazione, e andiamo in un’altro palazzo dove ce anche il riscaldamento [...].

Noi della 9ª Compagnia siamo vicini al Comando Battaglione. Le altre Compagnie sono molto più lontane da noi, tutti a presidiare. Tu voi sapere se mi hanno dato il capotto col pelo, e le scarpe foderate col pelo?

Eccomi quello che ci hanno dato: 2 paia di mutande di lana, 4 paia di calze, una maglia, un piccolo passamontagna, un sotto capotto di fostagno lanato, un capuccio di tela per l’acqua e un altro paio di scarpe nuove... nientaltro, le scarpe sono uguali a quelle che tengo nei piedi.

Ti bacio e ti stringo forte al cuore. A tutti tanti baci, tante carezze.

Tuo affezionatissimo.

 

04.Ritaglio Lettera 29 10 42 

 

31-10-42

Carissima Mogliettina mia

Subito rispondo alle tue così tanto desiderate lettere, una in data del giorno 8 e l’altra in data del giorno 13. [...]

Senti cara, e inutile tu mi dica di farti dei telegrammi, qui dove siamo non esiste il telegrafo, comunque non si possono fare. A ogni modo avrai sempre ugualmente notizzie. Da dove noi siamo non ce ferrovia, tutto si trasporta coi camion, certe volte le strade si infangheranno nella stagione invernale, po benissimo tardare la corrispondenza. [...]

Agostino e PiaIn questa lontananza bisogna aver grande pazienza e rassegnarsi a tutto. Altrimenti si po divenire pazzi. [...]

Si fa di guardia ai ponti e ferrovie fabriche russe. Io come attendente me ne sto benissimo, faccio lo stesso lavoro che facevo a Marzocca,[7] la guardia non la monto.

Alla sera me ne vado a letto al caldo, senza essere disturbato affato. Io non mi muovo mai dall’accantonamento.

Mi ero dimenticato di dirti che in più la guardia che fanno, di giorno devono sorvegliare i Russi che lavorano, devono lavorare comandati da noi. Siamo stati fortunati tutti quanti, avendo preso il servizio presidiario. [...] anche per quelli che fanno la guardia non è tanto pesante.

Tesoro mio, stai contenta e tranquilla. Siamo molto lontano dal fronte, nemmeno gli aparecchi si vede, qui dove siamo noi.

Una bella novità, devo dirti: con la nuova circolare che è venuta fori dal ministero della guerra, al massimo un’anno ci dobbiamo stare, in Russia. Quando abbiamo compiuto l’anno ci rimandano in Italia. Speriamo finisca prima, così verremo prima di compiere l’anno... vero, cara? [...]

Senti, cara, insisto per un’altra volta soltanto; non devi piangere e sofrire inutilmente, far sofrire il tuo corpo e la tua persona col piangere e col trascurarti nel mangiare [...]. Voi che io stia bene, dicendomi che piangi sempre e non mangi? [...]

 

Tu credi che io sia in pericolo [...], mentre invece sto abbastanza bene. [...]

Le frasi di Gilberto mi commuovono. Vorrei essere un ucello per volare sulle vostre braccia, con tutta l’ansia che tengo di vedervi. [...]

Baci Baci Baci e carezze.

Tuo caro marito.

Tanti bacioni al mio caro Gilbertino...

 

A Rubežnoe vengono inviati cinque plotoni della Divisione Vicenza. È una città piuttosto piccola dell’Ucraina, con giacimenti di carbone. Si dice che nella vicina foresta si nascondano oltre ventimila partigiani, favorevoli ai Sovietici. Neppure i Tedeschi osano addentrarvisi.

 

Chissà se eri davvero sereno, se eri ingrassato davvero.

Il mangiare. A parte i timori legati ai pericoli della guerra, il mangiare e il freddo erano temi ricorrenti nelle lettere che Pia ti scriveva.

E adesso sono qui, con la tua gavetta in mano... all’interno è incrostata di qualcosa che ancora manda un cattivo odore, di cibo guasto... Cosa ci avrai mangiato, l’ultima volta?

 

Agostino - in piedi, primo a sinistra - con alcuni commilitoni, prima di partire per il Fronte Russo. In mano ha la gavetta. 

 

1-11-42

Mia cara Moglie.

Invio a te questa mia per mano del mio amico. Era asieme a me nel III Battaglione, ora e venuto in congedo; comunque ho approffitato di lui e lo incaricato di venire a casa da te per darti tutte le mie notizie [...].

Anche lui ti dirà il preciso quale servizio noi facciamo e dove facciamo servizzio.

Qui te lo posso dire anch’io perché tanto [la lettera] non va censurata. [...]

Tutti i fanti della Compagnia sono impegnati a fare la guardia ai ponti che traversano questo lungo fiume.[8] Siamo lontanissimi dal fronte, in quanto a pericolo non ce ne abbiamo. Il mio amico ti racconterà tutta la vita che abbiamo fatto per arrivare fin qui. [...]

In quanto al mangiare, se dassero tutto quello che passa il Governo, sarebbe più che sufficiente; anche qua esiste la camorra e chi ci prende di mezzo siamo noi.

Il paese dove siamo noi si chiama Rubesnaia.[...] Molto più avanti da Volosilograt.[9] Siamo passati pure da Ckarkov.[10] Comprati la carta geografica russa. Quando vengo casa insegnerò tutta la strada che o fatto io per arrivare qui dove ora sono. [...]

Tenetevi ben riguardati la salute. Mi raccomando Gilberto, non prenda nessuna malattia, cerca di levarlo su educato e rispettoso con noi e tutti quanti. [...]

Ti bacio e ti abbraccio forte forte, a te e Gilbertino.

Baci. Tuo affezionatissimo Marito.

 

Agostino Giorgetti prima della partenza per il Fronte Orientale, con le mostrine della Divisione VicenzaLa prima settimana di novembre arriva il freddo vero. Il termometro scende a -15°.

Il 17 nevica per la prima volta. Fai amicizia con un altro romagnolo, Romualdo Ricci – detto Aldo – di Faenza. È di servizio all’Autocentro e, quando sei libero, vai a trovarlo.

 

Aldo Ricci riesce a tornare dalla Russia e anni dopo darà testimonianza di alcuni fatti importanti relativi alla Divisione Vicenza: nel pomeriggio del 22 novembre i Tedeschi ordinano agli Italiani presenti a Rubežnoe di spingersi a Novaja Astrahan’ (sulla strada per Rossoš’) al fine di scoprire il nascondiglio di un gruppo di partigiani che di recente hanno attaccato alcune camionette tedesche.

 

Passata la mezzanotte, il Comando di cui anche tu fai parte inizia il movimento per giungere – nel bel mezzo della notte – a una ventina di isbe. È necessario oltrepassare una strada in mezzo alle abitazioni, tra loro parallele e poste su un’altura.

I soldati procedono con prudenza nell’oscurità finché – giunti al centro dell’abitato – sono attaccati dai partigiani, nascosti nelle isbe. Accade tutto molto velocemente: il capitano, in testa al gruppo, muore subito insieme al sottotenente Pezzi.

Altri diciannove della Vicenza perdono la vita. I partigiani, usciti dalle isbe, uccidono alcuni dei feriti con sciabola e pugnale.[11]

 

Il capitano viene privato degli stivali e ai soldati è tolta la divisa.

Tu hai trovato riparo dietro una siepe e lì ti raggiungono i pochi superstiti.

 

Siete intimoriti e disorientati e, a causa del freddo intenso, cominciano i congelamenti. All’alba del 23 novembre giunge a Rubežnoe un militare in moto, che riferisce quanto è successo. Viene dato l’allarme e partono in soccorso i camion dell’Autocentro.

Una volta rientrati i mezzi, si fornisce subito assistenza ai superstiti. Poi ci si dedica alla raccolta del legname necessario per le bare. I morti sono sepolti nel cimitero di Rubežnoe...

 

 

24-11-42

Mia carissima moglie.

Rispondo subito alle tue tre lettere [...].

In tutte le lettere mi dici di scriverti spesso. Ma sì, cara, non ce bisogno nemmeno di dirmelo. [...] Sei inteligente perciò comprendi tutto, comprendi anche senzaltro [che] certe volte non ci po essere nemmeno la possibilità. Per una cosa, per un’altra.

Solo ti raccomando di non pensar male se le mie notizie non sono frequenti. [...]

Prega sempre per me che il buon Dio mi assisti in tutto. [...]

Senti, mia cara, io nell’altra lettera ti o mandato dire che da qui noi si partiva, ma ora ti annuncio che la nostra partenza e stata sospesa. [...] Salvo, però, nuovi contrordini.

Sembrava si dovesse venire in Italia, ma non era il vero... tutte chiacchiere di fanti.

Il freddo qua e sempre uguale, mentre da voi avete giornate belle e calde. L’Italia è un giardino in confronto di questi postacci desertosi. [...]

Mi ai mandato dire della perdita che noi abbiamo avuto in Libia; già lo sapevamo per mezzo della radio tedesca. Certamente è stato un grosso colpo per le nostre truppe che si trovavano in Africa [...].[12]

Senti, mia cara, questa lettera conservala bene, il perché te lo dirò quando vengo casa. Tieni molto presente il 24 novembre, tutto ti spiegherò al mio ritorno. [...]

Tu sei sempre una grande brava mogliettina. Per compenso di tutte le tue buone qualità ti mando tanti tanti bacioni sulle tue fresche labbrine.

Bacioni al mio caro figlioletto Gilbertino. [...]

Tuo amatissimo Marito Agostino.

 

Di sicuro con quel “tieni molto presente il 24 novembre” ti riferisci all’attacco partigiano. È il tuo primo contatto con la guerra vera e guerreggiata e non puoi non esserne sconvolto.

Il 2 dicembre la Divisione Vicenza riceve l’ordine di muovere verso il fronte.[13]

Tu, però, rimani  a Rubežnoe con il Comando tedesco, insieme a due magazzinieri, assegnato temporaneamente all’Autocentro. Trascorri le giornate con il tuo amico Aldo, in attesa che vengano a prenderti.

Dal 12 novembre non è più arrivata posta, a Rubežnoe. La corrispondenza, infatti, segue il grosso della Divisione e lo sconforto inizia a farsi sentire.

Saluti Aldo, in partenza per Vorošilovgrad dopo che – il 21 dicembre 1942 – l’Autocentro ha ricevuto ordine di trasferirsi in quella città.[14]

Aggregato al Comando tappa tedesco insieme a pochi altri militari, vieni spostato a due chilometri da Rubežnoe, dove passi un Natale tristissimo. Ti senti solo più che mai...

Il 2 gennaio 1943 arrivano finalmente i camion per caricare te, i tuoi pochi compagni e il materiale rimasto. La mattina successiva partite, destinazione Rossoš’.

 

9-1-43, XXI

Carissima Moglie,

[...] ora che sono arrivato a posto ti scrivo quasi tutti i giorni. [...] Ora siamo vicini a[l] Fiume Don. Però siamo molto indietro della linea.[15] Siamo sicuri, senza pericolo. La città più vicino che noi abbiamo si chiama Rossosck. Ci sono passato per venire qui dove ora mi trovo. Da dove siamo noi [per] andare a Rossosck ci sono 30 chilometri. [...] Guarda sulla carta della Russia, troverai il punto dove pressa poco mi trovo io. Nella direzione dove il fiume fa una curva grande.

Siamo in attesa di prendere il servizio di presidio. In quanto sistemati non ce male, bisogna sempre accontentarsi: siamo in Russia perciò non bisogna pretendere le comodità. La vita comoda bisogna dimenticarla. Pensare soltanto di portare [a] casa il telaio. [...]

Anche il freddo si soporta. Abbiamo ora anche il capotto con la pelliccia dentro. I lettini ora non li abbiamo più, si dorme in terra. [...]

Ti dirò che mi sono presentato al dottore per il mal di cuore;[16] mi a rimandato in dietro, dicendomi di ritornarci fra qualche giorno, poi mi visiterà. [...]

Ti prego, mia cara, di non spedirmi nessun pacco fin quanto non te lo chiedo io. Per ora non ò bisogno di nulla. Specie la lampadina e il pullover tienteli a casa. [...]

Quando sarò [a] casa voglio godermi per tutto quel tanto che ò sofferto. Avrò il diritto anch’io della vita comoda. Vogliamo vivere come signori. Ci sistemeremo in un bel appartamentino, saremo felici per tutta la nostra vita. [...]

Tu sei tanto preziosa, io ti voglio tanto tanto bene. Manca solo di esservi vicino. Nientaltro manca, nella nostra casa. [...]

Siete sempre nel mio cuore e vi penso ogni momento.

Baci Baci Bacioni caldi sulle vostre labbra.

Tuo aff.mo Marito Agostino

 

È la tua ultima lettera, nonno.

Poi i giorni passano, fino al 17 gennaio, quando la Vicenza inizia a ripiegare insieme a Tridentina, Cuneense e Julia.

Per te nessuna vita da signori, nessun appartamentino...

 

Nel luglio 2012 Stefano Grazian è in Russia con l’intenzione di cercare una famiglia che suo zio – appartenente alla Julia – aveva conosciuto al Fronte Orientale.

Parla con varie persone. A Popovka lo accompagnano in una casa: una signora quasi centenaria piange e consegna a Grazian una gavetta con alcune incisioni... è la tua gavetta, nonno.

 

08.Collage Gavetta Agostino 

 

Grazian impiega quasi un anno per rintracciarmi. E ora non faccio che domandarmi cosa ti sia successo. Ho una sola certezza. Voglio andare a Popovka, dove c’è una casa con lo steccato azzurro e, dentro, una vecchina che forse mi aspetta ancora e ha qualcosa da raccontarmi.

 

 La casa dell'anziana signora che ha consegnato la gavetta di Agostino a Stefano Grazian

 


 

I documenti ufficiali dicono che Agostino morì il 9 gennaio, lo stesso giorno in cui spedì l’ultima lettera a Pia.

Suona strano, se si pensa alle testimonianze raccolte negli anni dal figlio Gilberto.

Zanetti, un commilitone, raccontò che Agostino, sfinito, si era fermato in un’isba con Aldo Fabbri.

Quest’ultimo – assegnato al CLVI Battaglione Mitraglieri della Divisione Vicenza – fu poi catturato e risulta deceduto il 1° maggio 1943, nel lager ospedale n. 2985 di Kočety.

Giulio Tirelli, un altro commilitone, cadde prigioniero a Valuiki; al rientro dalla prigionia, nel 1945, dichiarerà di avere visto Agostino il 17 gennaio 1943, a inizio ripiegamento.

A Popovka, il villaggio in cui la vecchia signora ha consegnato a Stefano Grazian la gavetta di Agostino, il III Battaglione del 277° Reggimento giunse nella mattinata del 18 gennaio 1943, ripartendo nelle prime ore del 19 gennaio, in direzione Samojlenkov.

 


 

Ottobre 2015.

Fabio Giorgetti ha mantenuto la promessa.

Lo scorso agosto ha preso parte a un viaggio organizzato dal signor Renato Buselli e, dopo avere raggiunto Rossoš', insieme a un gruppo di altre persone (tutti partiti da Verona) ha ripercorso – a piedi e su un pullmino – l'itinerario compiuto dal Corpo d'Armata alpino durante il ripiegamento, toccando alcune delle località più famose. Si è fatta tappa anche in cittadine o villaggi nei pressi del Don, nei quali erano schierati reparti alpini.

La casa con lo steccato azzurro era, però, il suo obiettivo principale... è riuscito a parlare con l'anziana signora – 102 anni! – che l'estate 2013 aveva consegnato la gavetta di Agostino Giorgetti a Stefano Grazian.

L'età avanzata e il modo di esprimersi della signora – un misto di russo e ucraino, infarcito di termini dialettali – ha reso possibile capire solo che la signora si era trasferita a Popovka presumibilmente negli anni Cinquanta, causa l'attività lavorativa del figlio. Quando entrò nell'abitazione, la gavetta era già lì... e non è stata in grado di spiegare come mai.

Il viaggio è stato solo il primo passo: Fabio Giorgetti intende tornare a Popovka per svolgere altre ricerche, nel tentativo di scoprire chi abitava in quella casa durante il periodo bellico.

 

20al centro la signora di 102 che consegno la gavetta del nonno di fabio nel 2012 13082015 20151011 1023353960

 

A sinistra, Fabio Giorgetti. Al centro la signora di 102 anni. A destra, Paolo Calanchi (interprete).
Dietro, in piedi, la bisnipote e la nipote della signora.
Guarda l'intera galleria-immagini.

 


 

 

[1] Fu proprio Silvio – impiegato, nel dopoguerra, presso l’Ufficio Anagrafe di Forlì – a intraprendere le prime ricerche.

[2] Ora la provincia di Sorbano è Forlì-Cesena (FC).

[3] Anche questa località era – all’epoca – in provincia di Forlì, che in anni recenti ha cambiato la denominazione in Forlì-Cesena. La foto è presa dalla sezione storica del sito www.vecchiazzano.it.

[4] Gilberto, citato spessissimo, è il figlio di Agostino e Pia. Cliccando qui è possibile leggere la cartolina del 13 ottobre 1942.

[5] Agostino Giorgetti era assegnato al 277° Reggimento, III Battaglione, 9ª Compagnia.

[6] In questo punto la censura aveva coperto con la china, ma le due parole si riescono comunque a leggere, almeno in parte.

[7] Marzocca è una frazione di Senigallia. Località balneare, si trova in provincia di Ancona. Lì, nell’estate 1942, Agostino era l’attendente del capitano Ansaldi.

[8] Il fiume che attraversa Rubežnoe è il Severskij Donec.

[9] Vorošilovgrad.

[10] La giusta traslitterazione sarebbe Har’kov.

[11] Secondo le fonti ufficiali, l’episodio avvenne in località Gujana Balka.

[12] Agostino con ogni probabilità si riferiva alla Seconda Battaglia di El Alamein (23 ottobre-5 novembre 1942).

[13] L’8 dicembre 1942 il generale Etevoldo Pascolini prese il comando della Divisione, sostituendo il generale Enrico Broglia. La Vicenza doveva schierarsi in seconda schiera nel settore del Corpo d’Armata alpino, nella zona di Pavlovsk.

[14] Come già detto Aldo (Romualdo) Ricci sopravvisse alla Campagna di Russia, ma – dopo avere lasciato Rubežnoe – non ebbe più occasione di incontrare Agostino.

[15] In realtà in quel momento Agostino si trovava proprio a ridosso della prima linea. Il giorno prima – l’8 gennaio ’43 – aveva scritto al fratello Silvio, mostrando grande preoccupazione ma intimando allo stesso tempo di non riferire la notizia né ai genitori né alla moglie Pia. Il 16 dicembre la Divisione Vicenza era andata in linea al posto della Julia, spostatasi a sud per tamponare la situazione nel settore del II Corpo d’Armata italiano. Il Comando della Vicenza si spostò a Kurennoe. Non tutti i reparti della Divisione di fanteria furono destinati alla prima linea... Agostino Giorgetti vi trascorse cinque giorni.

Per avere un'idea di come Agostino si esprimesse in modo diverso con il fratello, rispetto a quanto scriveva alla moglie Pia, basta leggere il fronte e il retro della suddetta cartolina dell'8 gennaio.

[16] La prima settimana di dicembre, mentre era ancora a Rubežnoe, Agostino non era stato bene e aveva subìto un attacco di tachicardia.

 

 


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