di Claudio Provana

 

01.Guido Rampini 

 

Sintetizzare la vita di un uomo in poche righe è difficile, ma dopo avere casualmente trovato e letto alcuni documenti di una persona a me sconosciuta, ho voluto ricordare un protagonista degli anni turbolenti della Seconda Guerra Mondiale.

 

Guido Rampini nacque a Pinerolo il 16 maggio 1898. A diciannove anni, nel 1917, era al fronte come aspirante ufficiale nel 1° Reggimento Artiglieria da montagna, ma dopo pochi mesi – causa la ritirata di Caporetto – venne catturato. 

Conclusosi il conflitto, nel 1919 Rampini fu rimpatriato e riprese la carriera militare, prestando servizio con il grado di tenente d’artiglieria in Somalia e in seguito come docente alla scuola allievi ufficiali in Albania. 

Dal 1931 al 1934 frequentò il 61° corso alla Scuola di Guerra – conseguendo il brevetto con il giudizio “molto buono” – e nel 1938 partecipò con il grado di capitano delle Frecce Verdi alle operazioni militari in Spagna.

 

Nel 1939, dopo vent’anni di brillante carriera, a Rampini fu assegnato un incarico determinante: entrò nel Servizio Informazioni dello Stato Maggiore dell’Esercito; per un breve periodo, nel 1941, sarà al comando del Gruppo d’Artiglieria alpina Aosta, ma nel 1942 verrà inviato in Russia con il grado di tenente colonnello, presso il Servizio Informazioni dell’8ª Armata, ufficio che era agli ordini del colonnello Giovanni Wiel, già addetto militare a Mosca. 

Qui i cosacchi del 1° Gruppo Savoia lo nominarono “cosacco d’onore”; al rientro in Italia, nel 1943, fu assegnato alla direzione del Servizio Informazioni presso lo Stato Maggiore dell’Esercito.

 

  • Documento a firma Golovko - 17.05.43 - Versione in cirillico
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  • Documento a firma Golovko - 17.05.43 - Traduzione in lingua italiana
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  • Ordine Golovko - 20.05.43
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  • Rapporto a firma col. Giovanni Wiel per il periodo 01.01.43-15.06.43
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All’8 settembre 1943 – giorno dell’ armistizio – Rampini si trovava  a Padova e, nonostante il caos di quei giorni, senza indugio decise di schierarsi contro gli occupanti tedeschi; in bicicletta raggiunse Torino e con lo pseudonimo di Ramiro organizzò un’efficiente rete d’informazione clandestina collegata con il Consolato britannico a Berna, inviando notizie riguardo alla dislocazione delle truppe nemiche ed effettuando atti di sabotaggio ai danni delle stesse. 

Il 15 aprile 1944 a Robilante (CN),  forse per una delazione, Rampini fu arrestato e – dopo la reclusione in diverse carceri – nel mese di ottobre venne deportato in Germania, nel campo di Dachau. 

A dicembre fu ricondotto in Italia e sottoposto a pesanti interrogatori per estorcergli i nomi dei componenti della sua organizzazione. 

Rampini non cedette e per questo fu condannato alla pena di morte.

 

L’8 marzo 1945, a Bergamo, quando fu il momento di fucilarlo un giovane militare del plotone d’esecuzione ebbe una crisi di sgomento. Rampini rincuorò il ragazzo, invitandolo a eseguire l’ordine. 

Fu l’ultimo gesto esemplare  di un uomo nobile e coraggioso. 

Per la sua condotta a Guido Rampini fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. 

Guido Rampini rispecchia i tanti Italiani che, a seguito dei tragici eventi della guerra, da simpatizzanti o convinti fascisti maturarono un’opinione diversa, rischiando in prima persona in conseguenza della difficile scelta.

 

Tessera ANPI di Guido RampiniTessera A.N.P.I. di Guido Rampini - Concessa ad honorem nel 1961

 

 

Nota di Patrizia Marchesini

Per meglio contestualizzare la figura del tenente colonnello Guido Rampini, aggiungo una nota che è sintesi di un testo a firma del dottor Pietro Crociani, esperto di storia militare delle Forze Armate e di uniformologia.

Il testo completo – intitolato Cosacchi in grigio-verde – è disponibile in La Campagna di Russia (volume curato da Antonello Biagini e Antonino Zarcone), che raccoglie gli atti di un convegno che ha avuto luogo il 23 e 24 novembre 2010, organizzato dall'Università La Sapienza di Roma e dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Durante la Campagna di Russia i Comandi italiani si servirono di elementi ausiliari reperiti in loco. Essi vennero utilizzati sia come forza di polizia – in appoggio alle Sezioni dei nostri Carabinieri – sia per mansioni belliche vere e proprie.

Sul Gruppo Cosacchi Campello, o Gruppo Cosacchi Savoia (o, ancora Gruppo Autonomo Cosacco) è rimasta una documentazione limitata: come intuibile, gran parte del materiale documentale scomparve durante il ripiegamento, nell'inverno 1942-1943.

Sparita – dagli archivi del Ministero della Difesa – anche una relazione che il comandante del reparto stese dopo il rimpatrio e che l'Ufficio Storico ha cercato vanamente negli anni passati.

 

Il Gruppo Cosacchi fu costituito a inizio luglio 1942 dall'allora capitano Ranieri di Campello, insieme al maggiore Bellewsky.

Gli elementi che andarono a formare un reparto di cavalleria cosacca al servizio italiano – agli ordini, appunto, del capitano Ranieri di Campello – erano per lo più prigionieri di guerra che il nostro ufficiale ebbe modo di incontrare.

Ranieri di Campello aveva origini nobili e riuscì con ogni probabilità a entrare in sintonia con la visione che i cosacchi avevano della vita, e con la loro forma mentis.

Bisogna considerare, inoltre, che essi erano fortemente motivati dalla speranza di riprendere tradizioni antiche rimaste in auge sino alla presa di potere da parte dei bolscevichi.

Questo consentì a Ranieri di Campello di strutturare in brevissimo tempo il suo Gruppo, su tre sotnie (squadroni) e una fanfara.

Si provvide a dotare il Gruppo di armi e di uniformi (per le quali si rimanda al testo del dottor Crociani) e di equipaggiamenti, in parte russi e in parte italiani.

Per i cavalli, sembra che – lasciati liberi di agire – i cosacchi avessero provveduto senza troppi scrupoli a procurarsi quelli di cui necessitavano.

La paga (sebbene nei documenti non sia citata quella per la truppa, ma solo quella prevista per ufficiali e sottufficiali) era piuttosto alta, soprattutto se si pensa al compenso giornaliero stabilito per i lavoratori locali, reclutati per i servizi dell'8ª Armata italiana.

Il Gruppo era sottoposto al Quartier Generale d'Armata e alle dipendenze dell'Ufficio I (la I sta per Informazioni) del Comando; è facile, quindi, capire quali fossero gli incarichi assegnati al Gruppo Cosacchi: la sicurezza nelle retrovie, ricognizioni e infiltrazioni – anche in profondità – oltre le linee avversarie...

Sebbene le fonti documentali su cui basarsi siano poche per stimare in modo adeguato l'attività del Gruppo, essa dovette essere soddisfacente, visto che a inizio dicembre 1942 il sottotenente Alessio Fontani lasciò il Gruppo stesso per un'ulteriore campagna di arruolamenti, al fine di costituire un altro reparto analogo.

 

Al momento dell'offensiva sovietica del dicembre 1942 il Gruppo era dislocato a Stormovo. Da lì, il 9 gennaio 1943, si diresse a Rossoš'. Due plotoni rimasero in città – che, come sappiamo, era sede del Comando di Corpo d'Armata alpino, e venne investita da forze avversarie (il 15 e il 16 gennaio) che ne decretarono la caduta definitiva – mentre il resto del Gruppo si batté disperatamente nei giorni successivi (dopo avere perso il carreggio a Postojalyj, in seguito a un attacco di carri sovietici), consapevole di quanto sarebbe accaduto in caso di cattura.

Il reparto fu impegnato in modo particolare a Nikitovka... il capitano Ranieri di Campello venne ferito in maniera abbastanza seria e trasportato – da quel momento – su una slitta. All'ufficiale, promosso maggiore, fu conferita per tali eventi la Medaglia d'Argento al Valor Militare, che simbolicamente intendeva essere un premio anche per i suoi cosacchi.

 

 03.MAVM Ranieri di Campello

 

Durante il ripiegamento il Gruppo Cosacchi subì perdite gravi e a fine gennaio solo una trentina di uomini – con due ufficiali italiani – si raccolse a Har'kov. Elementi isolati arrivarono in seguito e il 14 marzo i resti del Gruppo furono presi in carico dal Quartier Generale del II Corpo d'Armata, che rilevò il Comando delle truppe italiane ancora presenti al Fronte Russo e che era stato destinato – in un primo momento – a rimanere in loco.

In quella fase il Gruppo fu posto agli ordini del capitano Giorgio Stavro Santarosa, del Reggimento Lancieri di Novara. L'ufficiale si prodigò a ricostituire il reparto, arruolando – insieme ai superstiti – nuovi elementi che venivano non solo dalla popolazione civile o dai campi tedeschi per prigionieri di guerra, ma anche da formazioni analoghe come la Compagnia Volontari Cosacchi Ivanov Vladimir.

Causa la decisione di rimpatriare il II Corpo d'Armata, il 25 maggio 1943 partirono da Gomel' 15 ufficiali e 271 sottufficiali ed elementi di truppa, sia italiani sia cosacchi, insieme a 231 quadrupedi. Con ogni evidenza, alcuni decisero poi in modo diverso: tre giorni dopo, a Brest Litovsk, erano solo 251 i sottufficiali e la truppa diretti in Italia.

 

Dopo il rimpatrio, il Gruppo trascorse il previsto periodo di contumacia sanitaria, così come tutte le truppe provenienti dal Fronte Orientale.

In seguito, pur rimanendo alle dipendenze dell'8ª Armata, si appoggiò al Deposito del Reggimento Lancieri di Novara, a Verona.

In realtà il Gruppo Cosacchi venne dislocato nei dintorni della città, a Maccacari.

Testimonianze locali successive indicano che il Gruppo, sempre agli ordini del capitano Stavro Santarosa, includeva tre ufficiali e quindici sottufficiali e militari italiani, quasi un centinaio di cosacchi del Don e una cinquantina di cosacchi del Kuban... oltre a due infermiere, un ufficiale medico, un ufficiale veterinario e circa cento cavalli.

Pare che i rapporti con la popolazione fossero buoni e che non si transigesse sul rispetto della disciplina.

Il sabato i cosacchi sfilavano con la loro fanfara, suscitando ammirazione per le loro divise. Ebbe luogo uno spettacolo di danze e canti cosacchi e – come spesso capita in simili circostanze – non mancarono le storie d'amore...

Il reparto – che intanto aveva assunto la denominazione di Banda Irregolare Cosacca – sembrava destinato a operare in Albania in funzione anti-partigiana.

Ma, tra circolari e comunicazioni varie, si giunse all'8 settembre 1943.

Nella tarda serata di quel giorno, la notizia giunse via radio al reparto, che si trovava sempre a Maccacari.

I Tedeschi fecero diversi tentativi di entrare nell'abitato e di costringere i cosacchi a collaborare. Il capitano Stavro Santarosa – seguendo la tradizione – riunì i presenti affinché decidessero: restare sul posto per un combattimento impari o «sciogliere il reparto e andarsene tutti alla spicciolata, cercando di raggiungere la zona di Ferrara e riunirsi, affrontando intanto isolatamente i rischi di una vita clandestina in terra straniera.»

Si scelse la seconda opzione.

 

Cosa accadde a quegli uomini – molti dei quali avevano una conoscenza molto sommaria della nostra lingua – non è facile a dirsi.

Alcuni decisero poi di unirsi ai Tedeschi; altri sembra riuscirono a raggiungere i cosacchi (al servizio dei nostri ex alleati) che si trovavano in Carnia, condividendone in seguito la sorte drammatica.

Altri ancora si aggregarono a formazioni partigiane. Dopo la guerra questi ultimi si misero in contatto con le autorità sovietiche per stabilire le modalità del rimpatrio e a essi – con ogni probabilità – fu riservato il triste destino dei cosacchi di Carnia.

Pochi riuscirono in qualche modo a rimanere in Italia.

Un anno dopo il termine del secondo conflitto mondiale, il capitano Stavro Santarosa ammise di essere in contatto con una decina dei suoi cosacchi.

Il capitano Vladimir Ostrovsky, che si era prodigato per la salvezza di Ranieri di Campello, trascorse la parte finale della sua esistenza in Argentina.

Un ufficiale veterinario, Vladimir Ponomarov, ottenne la cittadinanza italiana e lavorò presso una dogana al confine con l'Austria... ma è indubbio che la sorte di gran parte di quegli uomini rimane ancora oggi sconosciuta.

 

 

Nota Bene. Le date menzionate nel documento a firma Golovko del 17 maggio 1943, riguardo alla costituzione del Gruppo Cosacchi, sembrano contrastare con quelle presenti nella documentazione conservata presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, che indicano la formazione del Gruppo (così come riporta il dottor Crociani) nel luglio 1942.

 

 

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