Ciao, Claudio.
Scusa se ti ho fatto attendere ma - oltre a qualche problemino familiare - negli ultimi giorni il sito era inagibile (il webmaster, che ringrazio, nel pomeriggio ha risolto l'inconveniente informatico, su cui non mi dilungo :-)
Veniamo, invece, alla testimonianza sull'autiere
Augusto Ferri
.
Premetto che non entro nel merito delle vicende sul Fronte Africano, perché non ne ho le competenze e per verificare tutti i dettagli impiegherei molto tempo.
Concentriamoci sulla sua esperienza al Fronte Russo e in prigionia.
Ho più di una perplessità.
Certo, io non ero con Augusto e non dovrei permettermi di esprimermi in merito.
Partiamo dal reparto, il 3° Autocentro di Milano, con cui l'autiere sarebbe partito per il Fronte Russo.
I Quadri di Battaglia C.S.I.R. e 8ª Armata presenti nel sito U.N.I.R.R. sono desunti dal volume sulle operazioni delle Unità italiane al Fronte Orientale (a cura USSME), e integrati con quanto Paolo Plini ha reperito presso l'Archivio USSME stesso.
Di certo può esservi qualche imprecisione (l'Ufficio Storico, per esempio, non ha registrato - e immagino sarebbe stato complicato farlo - alcuni spostamenti di reparto dell'ultima ora, nel periodo che precedette il ripiegamento della nostra Armata); tuttavia mi pare strano che il 3° Autocentro non venga menzionato in nessuno dei due Quadri di Battaglia...
Così come mi pare strano, se l'Autocentro avesse lasciato l'Italia con il C.S.I.R., che esso fosse rimasto inattivo a Leopoli per dieci mesi. Per quale motivo? Però a volte si verificano fatti che esulano da qualsiasi logica.
Nel web non ho trovato nulla su tale Autocentro.
Come tu dici, il Servizio Trasporti della Julia si basava sul 207° Autoreparto Misto e non vi è notizia alcuna del suddetto 3° Autocentro nell'organico di tale Grande Unità.
Io non sono nessuno, e non sono in grado di confermare o meno se il 3° Autocentro fosse poi rimasto per mesi a disposizione della 6ª Armata di Paulus.
Ammettiamo questo dettaglio importante e ammettiamo pure che durante un bombardamento tutto il reparto di Augusto e gli automezzi fossero stati annientati (tranne Augusto stesso) e che l'autiere (davvero fortunato, se si pensa alle circostanze) si fosse poi aggregato a un altro autoreparto.
Altra perplessità: a fine gennaio credo che chi si trovava a Stalingrado e dintorni avesse consapevolezza di essere accerchiato, no?
Quindi quel
Si salvi chi può!, e il tentativo di fuggire a piedi (dove? verso i Sovietici che li circondavano?) mi pare surreale.
Però, ripeto, le situazioni possono essere state molteplici e può essere accaduto di tutto.
Veniamo alla cattura e alla prigionia.
Ferdinando Toffanin potrebbe essere stato un efficace scassinatore ma - mentre era intento ad aprire i lucchetti - le guardie del campo dov'erano?
Cmq, i nostri due autieri - dopo essere stati aiutati da contadini della zona (su questo non discuto, perché è comprovata la generosità della popolazione locale nei confronti dei nostri soldati, sebbene essa si fosse manifestata per lo più nei territori in cui gli Italiani avevano avuto modo di trascorrere un po' di tempo e di farsi
conoscere) - comunicando sommariamente con un ferroviere riuscirono a salire su un treno merci diretto in Ungheria.
Possibile che durante il tragitto (solo due giorni) non fossero stati scoperti?
Inoltre - siamo nell'estate 1943 - l'Ungheria non era certo stata raggiunta dai Sovietici (lo conferma la narrazione, che riferisce come Ungheria e Romania all'epoca fossero alleate della Germania); quindi come mai un treno merci sovietico avrebbe dovuto raggiungere l'Ungheria? Boh...
E se Ungheria e Romania (nonché l'Italia) erano ancora alleate della Germania, perché i due avrebbero dovuto nascondersi?
C'è poi un dettaglio ulteriore: Ferdinando Toffanin morì durante questo percorso avventuroso verso l'Italia (e comunque a seguito della prigionia in Unione Sovietica), ma non è menzionato nel data-base del Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti.
Augusto prosegue, solo, e arriva fino a Vienna (non si sa bene come), ma la buona sorte lo assiste di nuovo e nella stazione della capitale austriaca si imbatte proprio in tre ferrovieri italiani.
Sul resto (come ha regolarizzato la propria posizione, una volta in Italia), non vengono forniti particolari.
Non so, Claudio.
Tutto è possibile e a volte il lieto fine c'è (per fortuna).
Questo racconto solleva però molti molti dubbi.
Ma mi fermo qui e non vado oltre.
Buona serata.
Patrizia