di Agostino Roncallo
Le pubblicazioni sulla prigionia degli Italiani in Russia sono molte e difficile sarebbe fare un quadro esaustivo delle problematiche. In questa circostanza abbiamo voluto selezionare alcuni volumi con l’intento di focalizzare l’attenzione sui diversi percorsi attraverso i campi di prigionia.
A) PER UN QUADRO D’INSIEME SULLA PRIGIONIA IN RUSSIA:
Vicentini Carlo, Resta Paolo, Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia, U.N.I.R.R., Milano, 2005 (seconda edizione)
Carlo Vicentini è stato il responsabile della commissione incaricata di tradurre gli archivi sovietici, consegnati da Gorbaciov al Governo italiano nel 1992. Dei 38.000 nominativi contenuti in tali archivi ne sono stati pubblicati circa 25.000 in quanto i restanti non corrispondevano ai nomi dei dispersi (evidentemente per errori di trascrizione al momento della registrazione). Grazie al lavoro di Vicentini e Resta molte famiglie hanno potuto avere notizie dei propri cari sebbene a molti anni di distanza da quei fatti.
Maria Teresa Giusti, I prigionieri italiani in Russia, Bologna, Il Mulino, 2003 [nota: la seconda edizione è uscita nel 2014.]
Il volume si propone come uno studio complessivo della vicenda dei prigionieri italiani in Russia e ha il merito di essere rigorosamente documentato, anche se l’analisi dei dati risente di alcune imprecisioni e alcuni temi non sono sufficientemente approfonditi.
Francesco Bigazzi e Evgenij Zhirnov, Gli ultimi 28: la storia incredibile dei prigionieri di guerra italiani dimenticati in Russia, Milano, Mondadori, 2002
Quando ancora il Governo-Gorbaciov non aveva consegnato all’Italia tabulati ed elenchi con i nominativi dei prigionieri di guerra, Bigazzi e Zhirnov, grazie a una lunga e complicatissima ricerca negli archivi dei Ministeri russi, ricostruiscono la storia dei cosiddetti ultimi 28, ventotto reclusi italiani "dimenticati" nelle carceri sovietiche, il calvario dei quali durò fino al febbraio 1954.
B) LE TESTIMONIANZE INDIVIDUALI
Bedeschi Giulio, Fronte Russo c’ero anch’io, Vol. primo, Mursia, Milano, 1987
Come per gli altri volumi da lui pubblicati, Bedeschi cerca di cogliere il quadro d’insieme delle vicende dando voce ai protagonisti. Mi sono concentrato sulle vicende della Divisione Sforzesca ma le testimonianze risultano alquanto lacunose in considerazione del fatto che nessuno tra gli intervistati è reduce di prigionia. Rimane difficile comprendere il percorso fatto dai prigionieri di questa Grande Unità in occasione del trasferimento verso i campi. Inoltre tra i testimoni non c’è nessun reduce del 53° Reggimento: viene a mancare dunque un importante punto di vista sia in relazione ai fatti d’arme dell’agosto 1942, sia in riferimento all’operazione “Piccolo Saturno”.
Bedeschi Giulio, Prigionia c’ero anch’io, Vol. primo, Mursia, Milano, 1990
Questo volume acquista importanza perché contiene le testimonianze di diversi sopravissuti alla prigionia in Russia, tra le quali quelle di alcuni degli “ultimi 28” (Reginato, Magnani, Ioli), rientrati in Italia nel 1954. Ioli in particolare apparteneva alla Sforzesca e – come l’autore di “Cikai” Mario Panaria – venne catturato il 21 Agosto 1942, in occasione della Prima Battaglia Difensiva del Don. I percorsi di questi personaggi non possono essere assimilabili al destino del grosso della Divisione che si è compiuto nel dicembre dello stesso anno. Tuttavia tra le testimonianze compare, preziosissima, quella di un reduce del 53° Reggimento, catturato proprio in quel dicembre: purtroppo essa è non solo breve (la più breve fra tutte) ma anche lacunosa, al punto da omettere qualunque particolare relativo alla marcia e al campo di destinazione.
G.Bonavia, A.Capello, Volevo tornare a mia casa, Araba Fenice, Boves, 2010
Il volume è un lungo dialogo-intervista con l’alpino Piero Piovano, facente parte della 10ª Compagnia del Battaglione Mondovì, così come Egidio Franzini. Sarebbe interessante l’incrocio delle due testimonianze, avendo i due vissuto le medesime situazioni sul fronte del Don. Diverso invece è il percorso della prigionia. Piovano è stato internato a Tambov per poi finire al campo 29/3 di Pahta Aral, passando attraverso un campo intermedio (di cui non si sa il nome) nella regione di Kirov.
Bozzini Vittorio, Neve rossa. Dall’Ucraina alla Siberia. Il dopo Nikolajewka, Nordpress Edizioni, Chiari, 2008 (seconda edizione).
Il libro di Bozzini, già pubblicato nel 1957 (edizioni ICA) è oggi ristampato dalla Nordpress nella collana “Sui campi di battaglia”. L’autore faceva parte del Battaglione Edolo della Divisione Tridentina e venne deportato a Pinjug, poi al campo 29/3 di Pahta Aral e infine al 99/2 di Karagandà.
Brevi Giovanni, Russia 1942-1954, Presbyterium Edizioni, Padova, 1982 (quinta edizione)
Padre Giovanni Brevi era cappellano del Battaglione Val Cismon della Divisione Julia. Fu uno degli “ultimi 28”, rientrati in Italia nel 1954 perché considerati pericolosi reazionari. La sua vicenda umana è drammatica: nel primo periodo della prigionia viene recluso a Tambov, poi a Oranki e a Suzdal' seguendo il percorso degli ufficiali, infine al campo 171 di Kazan che era chiamato un “campo di regime” in quanto i reclusi erano alla completa mercé dei guardiani.
D’Auria Michele, La mia Russia, IPSI, Pompei, 1967
D’Auria è un cappellano militare del XXX Battaglione Guastatori (Corpo d'Armata alpino) che implora di avere delle mine pur di buttarsi da solo all’attacco di un carro armato nemico. Si tratta di un personaggio singolarissimo, la cui narrazione è appassionata. Viene recluso ad Ak Bulak e successivamente trasportato a Suzdal'.
Di Michele Vincenzo, Io, prigioniero in Russia, L’Autore Libri, Firenze, 2009
L’autore, Vincenzo Di Michele, racconta la storia del padre Alfonso, inquadrato nel famoso Battaglione L'Aquila della Divisione Julia. Scampato al lager di Tambov, viene trasferito tra la vita e la morte all’ospedale di Bravoja per poi completare la sua prigionia a Pahta Aral.
Francesconi Manlio, Russia 1943, Edizioni Studio Tesi, Trieste, 1984
In questo volume l’autore racconta in modo coinvolgente il percorso di prigionia che lo ha visto dapprima a Krinovoje, dove incontrò padre Maurilio Turla, e poi a Oranki, al convalescenziario di Skit, e infine a Suzdal'.
Franzoni Enelio, Memorie di prigionia, Nordpress edizioni, Chiari, 2008
Don Franzoni è uno dei cappellani militari aggregati al 79 Reggimento Della Divisione Pasubio. Riesce a superare l’inferno di Tambov per essere poi deportato a Oranki e infine a Suzdal', secondo un percorso seguito da molti ufficiali italiani, tra i quali Carlo Vicentini e Gabriele Gherardini.
Gherardini Gabriele, Morire giorno per giorno, Mursia, Milano, 1966
Per crudezza, il libro di Gherardini è uno dei più sconvolgenti sull’argomento, anche perché questo ufficiale ha fatto l’esperienza del famigerato campo di Krinovoje, nel quale sono stati accertati casi di cannibalismo che l’autore – che era ufficiale della Divisione Vicenza – non nasconde. Oranki e Suzdal' sono le successive tappe del suo percorso di prigionia.
Guglielmi Donato, Attendimi, L'Arciere, Cuneo, 1993
Guglielmi è un medico ligure inviato preso uno degli ospedali italiani di Kantemirovka. All’arrivo dei Russi e dopo avere saputo dall’Italia della morte della figlia durante il parto, continua la sua attività con grandi sacrifici, superando anche l’epidemia di tifo che lo aveva colpito. Viene trasferito a Fosforitnyj e successivamente, passando attraverso Čeljabinsk, ai diversi sottocampi di Pahta Aral. Dal punto di vista umano la sua storia è molto coinvolgente e ricca di particolari, nonché di nominativi scrupolosamente annotati sul suo taccuino.
Franzini Egidio, In Russia. Memorie di un alpino redivivo, Edizioni TC, Venezia, 1962
Franzini era inquadrato nel Battaglione Mondovì della Divisione Cuneense, 10ª Compagnia. Inizialmente prigioniero a Buturlinovka, è poi al campo ospedale 3655 di Arsk e infine a Tëmnikov (campi 58/3 e 58/6). Tra le notizie da lui riportate (e interamente da verificare) c’è quella di un treno di soldati italiani che dall’Italia arriva direttamente alla stazione di Rossoš' occupata, quindi direttamente nelle mani dei Russi. La sua testimonianza può essere incrociata con quella di Piero Piovano, nel volume curato da Bonaria-Capello.
Massa Gallucci Alberto, No! 12 anni prigioniero in Russia, Officina d’Arte Cacciari, Bologna, 1958
Il generale Gallucci – all’epoca col grado di maggiore, impiegato come Capo Ufficio Operazioni della Divisione Pasubio – nega nel suo volume l’evidenza: a suo dire l’esercito italiano non era impreparato alla guerra di Russia. Fu uno dei 28 che rientrarono in Italia nel 1954 dopo essere stato prigioniero a Tambov, Suzdal', Kazan e infine a Darniza (Kiev, campo 7062).
Revelli Nuto, La strada del Davai, Einaudi, Torino, 1966
Revelli raccoglie ventinove testimonianze di superstiti dei campi di prigionia, tutte relative al Corpo d’Armata alpino. Nella sacca che si chiude a Valujki cadono moltissimi prigionieri (delle Divisioni Cuneense, Julia e Vicenza) che tendenzialmente vengono avviati in un primo tempo verso Tambov e successivamente verso la Siberia (Ak Bulak, Karagandà, Taškent, Pahta Aral).
Alberghetti Roberto, Una vita all’urto, Ferrari Editrice, 1996
Alberghetti racconta la storia di Emilio Rossini: autiere dell’8° Autocentro, venne internato prima a Tambov e poi nel Turkestan, presumibilmente a Taškent, dopo essere sopravvissuto alla grande strage dei primi mesi.
Stefanile Francesco, Davai Bistré, Mursia, Milano, 1999
Stefanile ha vissuto in particolare l’esperienza del campo 58/4 di Tëmnikov, la vita all’interno del quale è descritta con dovizia di particolari. Successivamente viene trasferito al campo 29 di Pahta Aral.
Trombetti Attila, Prigioniero di guerra, Lorenzo Fornaca Editore, Asti, 2009
Si tratta di una narrazione autentica e drammatica, soprattutto in riferimento al viaggio in treno verso la prigionia. Trombetti (1° Reggimento alpini, Battaglione Mondovì) viene recluso al campo 72 di Varnavino e, dopo una settimana di sosta al campo di Fosforitnyj, viene trasferito in Siberia nei diversi campi di Pahta Aral 29/1/2/3/4/5 e, inoltre, a Taškent.
Turla Guido Maurilio, 7 rubli per il cappellano, Longanesi, Milano, 1970 (terza edizione)
Turla era il cappellano del Battaglione Saluzzo della Divisione Cuneense; la sua esperienza è simile a quella di molti ufficiali alpini: fa cenno ai casi di cannibalismo di Krinovoje, viene trasferito a Oranki dove si ammala di tifo ma riesce a superare l’epidemia, infine a Skit e a Suzdal'.
Vicentini Carlo, Noi soli vivi, Mursia, Milano, 1997
Vicentini era ufficiale nel noto Battaglione Alpini Sciatori Monte Cervino e (insieme a Paolo Resta) ha curato anche il Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia. Il suo è un racconto narrativamente assai coinvolgente. Il suo percorso di prigionia si è snodato fra Tambov, Oranki, Skit e Suzdal'.
Zanaria Mario, Cikai, Grafica Novarese, Novara, 1980
Zanaria è uno dei pochi reduci della Sforzesca (54° Reggimento). Le sue disavventure hanno inizio con la Prima Battaglia Difensiva del Don, durante la quale viene fatto prigioniero. Colpisce il fatto che la sua marcia di avvicinamento ai campi di prigionia, siamo nell’agosto del 1942, non fu meno drammatica di quella invernale quando la temperatura scese oltre i trenta gradi sotto zero. La fatica e la denutrizione fecero moltissime vittime così come il primo periodo di reclusione nel campo n. 100 di Belovol'sk. Successivamente Zanaria venne trasferito nel campo 27 di Krasnogorsk, nei pressi di Mosca dove era attiva una scuola politica, e in seguito a Taškent e Čiuamà.