Recensione di Patrizia Marchesini
Lucio Lami, giornalista, è autore di una trentina di libri. Nell’autunno del 1960 terminò il servizio di leva come giovane ufficiale in Savoia Cavalleria, e sul finire di quel decennio riuscì a rintracciare quasi tutti i reduci del reggimento che avevano partecipato alla famosa carica. Dalle loro testimonianze e dai loro diari è nato questo volume, edito per la prima volta nel 1970 e ristampato di recente.
Leggerlo è interessante per almeno tre motivi.
Innanzitutto Savoia, partito l’ultima settimana del luglio 1941 da Lonigo e inquadrato nella Divisione Celere (fino all’estate 1942, quando passò alle dirette dipendenze dell’8ª Armata), prese parte all’avanzata del C.S.I.R. e il libro è ottima occasione per ripercorrere quegli eventi, talvolta trascurati e oscurati dal dramma successivo dell’Arm.I.R. Il passaggio del Dnepr, i combattimenti nella zona di Panteleimonovka, l’80° fanteria assediato a Nikitovka, la Battaglia di Natale, il riprendere dell’avanzata nell’estate del 1942 vengono narrati dal punto di vista di Savoia, ma tenendo ben presente lo scenario complessivo. I numerosi dettagli, inoltre, danno un quadro approfondito dei disagi che il Corpo d’Armata italiano dovette affrontare, con un occhio di riguardo ai problemi specifici cui il reggimento di cavalleria andò incontro.
Il periodo trascorso da Savoia ad Avdievka subito dopo la Battaglia di Natale del 1941 – e qui veniamo al secondo motivo – è fonte di aneddoti che presentano il reggimento in maniera ambivalente: se da un lato è indubbio che certe consuetudini sono sempre state irrinunciabili per gli appartenenti a Savoia, è altrettanto vero che i cavalieri erano anche e soprattutto uomini, ed è molto piacevole – in alcuni casi struggente – calarsi in questa dimensione umana.
Infine, la carica. Un evento divenuto un simbolo. Su cui, però, nessuno si era preso la briga di stendere una cronaca accurata. Anche la stampa dell’epoca pubblicò articoli spesso lacunosi o inesatti, dando risalto all’accaduto con stile retorico e altisonante. Cosa che, come dichiara Lami, i reduci non perdonarono mai ai giornalisti di allora.
Lami, invece, oltre a fare luce chiara su quanto avvenne grazie ai racconti di chi c’era, non ci parla di un evento risorgimentale, ma di una manovra tattico-strategica consapevole e purtroppo necessaria. Ci parla, con mille episodi, di carne e sangue, dei cavalieri, dei cavalli e degli avversari sovietici, così numerosi rispetto alle forze di Savoia.
Insomma, un buon libro. Mi permetto un’unica precisazione: il gruppo delle Voloire comandato dal tenente colonnello Marco Antonio Albini, cui si fa riferimento a pagina 220, era il II e non il I.
Lucio Lami, Isbuscenskij, l’ultima carica – Il Savoia Cavalleria nella Campagna di Russia – 1941-1942, Mursia, Milano, 1970
Nota
Come lo stesso Lami specifica in una nota a pag. 14 del suo libro, quella di Isbuscenskij fu l’ultima azione risolutrice condotta a cavallo, con grande successo e contro truppe regolari. Ma occorre – per rispetto della cronaca – menzionare anche il combattimento di Poloj, in Croazia, del 17 ottobre 1942. Quel giorno il reggimento Cavalleggeri di Alessandria fu attaccato e accerchiato da formazioni partigiane. Nel tentativo di aprirsi un varco, il reggimento caricò più volte. Durante una di tali cariche fu in testa lo stesso comandante il reggimento, il colonnello Ajmone Cat. Le perdite furono gravissime.