
PONTIERI SUL NIPRO
UN PONTE DI 1300 METRI
COSTRUITO IN UNA NOTTE
(DA UNO DEI NOSTRI INVIATI DI GUERRA)
Fronte orientale, settembre.
Essere pontiere significa essere un geniale ardito.
Avevo visto già altre volte al lavoro questi creatori di strade magicamente sospese nel vuoto o appoggiate a travi chi sa come infitte nel fondo di un corso d'acqua; avevo visto altre volte questi uomini semplicissimi, dall'aspetto di un qualunque soldato, creare con pochi mezzi miracoli di ponti sui quali si avventavano subito dopo colonne in attesa di proseguire azioni belliche. Ero rimasto sempre maravigliato della loro genialità, della loro capacità di lavoro nel costruire un ponte lì dove poche ore prima era impossibile il transito.
Mi ero sempre ripromesso perciò di voler assistere, alla prima occasione, al sorgere di una di queste loro opere che mi avevano fatto sempre pensare più a quella di esseri non comuni che di lavoratori sia pure abili.
L'occasione, e chi lo avrebbe sospettato?, mi si è presentata proprio in Russia, nel corso di questa Campagna che sta svolgendo il Corpo di Spedizione Italiano e che lascerà delle impronte sicure della fatica e della capacità creativa del lavoro italiano in quella che fu la terra del bolscevismo.
Quaggiù, in questa Ucraina che Lenin e Stalin, timorosi di controrivoluzioni politiche e di agitazioni nazionali a carattere separatista, avevano volutamente lasciata nel più obbrobrioso abbandono riducendo gli uomini e le cose ad un tale stato di selvatichezza da spaventare un qualsiasi europeo, lo stato delle strade o di quelle che molto impropriamente venivano chiamate con tale nome, è qualcosa che non ha mai avuto un termine di paragone in qualunque paese civile.
Strade russe
Sulle carte topografiche se ne trovano indicate a tinte che variano di intensità. Ogni intonazione di colore vorrebbe mostrare l'importanza e la classe della strada e le annotazioni in calce alla carta parlano proprio di strade di prima, di seconda, di terza e persino di quarta classe. Ma si tratta di una pretensione, anzi di un inganno perché ormai abbiamo percorso migliaia e migliaia di chilometri in Ucraina e le strade le abbiamo trovate tutte uguali senza distinzione di fondo, senza caratteristiche di pavimentazioni, senza che mai un sasso le abbia rese almeno in apparenza simili a quelle che noialtri europei intendiamo trovare quando ci si parla di strade.
Piste in terreno naturale, larghissime, fino a quaranta e cinquanta metri perchè la pianura circostante... in regime sovietico stabiliva o fissava la categoria!
Se queste erano le strade, figurarsi, dunque, cosa erano i ponti. Ne abbiamo trovati pochissimi, perché andando per i campi a cercare il punto buono per transitare, il ponte diventava un accessorio del quale si poteva benissimo fare a meno. Dove era strettamente necessario costruirlo, i rossi con qualche tavola risolvevano qualunque problema di traffico, tanto più che il traffico era modestissimo. Agli elementi del posto era vietato spostarsi finanche da un Comune all'altro, di automezzi ne circolavamo pochissimi ed i grandi trasporti si effettuavano tutti per ferrovia.
Il primo problema che le Armate dell'Asse hanno dovuto affrontare nella zona ove esse operano è stato perciò proprio quello della creazione di ponti e di scoli per le acque lungo queste interminabili piste che si distinguono dalla uniformità della campagna ucraina soltanto perchè si tratta di zone prive di vegetazione. Ed è intenti ai lavoro di costruzione di ponticelli da 50 metri fino a 300 o 400 metri che abbiamo visto all'opera artieri e pontieri italiani in Russia.
Collaboratori preziosi
Gettare un ponte tra una riva e l'altra di un fiume su piloni già preparati o addirittura infissi nel fondo, è cosa comune, seppure sia opera di grande portata, quando si ha il materiale già bello e preparato. Veder sostituire un vecchio ponte di ferro con uno nuovo a magnifici disegni geometrici in poche ore e subito dopo vedervi correre sopra un treno, costituisce più uno spettacolo che altro. Ma fare un ponte in Russia risparmiando il materiale in dotazione e di scorta che può sempre servire in occasioni più importanti, utilizzando soltanto le risorse locali e dare a questo ponte quelle caratteristiche di solidità che dovranno consentire il passaggio di tonnellate e tonnellate di carico nonché il transito non certo agevole dei carri armati dalle molte diecine di tonnellate, il passaggio di automezzi pesanti, costituisce una impresa di grandissima responsabilità e di grande importanza bellica.
I pontieri e gli artieri che hanno dato la loro fatica al miglioramento di queste piste, che hanno creato gli scoli delle acque nei tratti in cui gli impantanamenti erano più facili e più frequenti, sono degni di essere chiamati dei collaboratori della Vittoria. Ma è il lavoro dei pontieri, di questi artefici modesti eppure indispensabili della guerra che, per constatazione diretta, occorre seanalare. Essi non [...] percorrere grandi distanze nel più breve tempo possibile e devono essere sempre accompagnate dai servizi e dai rifornimenti. Le strade sono perciò il primo campo di battaglia per le truppe operanti. O esistono e si marcia e data la tattica adottata dalle potenze dell'Asse si vince; o non esistono le strade e non si può far la guerra.
L'opera dei pontieri in un paese come la Russia è, perciò, decisiva. Se si creano i ponti la truppa può marciare e quindi può vincere.
I ponticelli che abbiamo trovati sulle strade russe, ed abbiamo già detto che cosa fossero le strade di questo paese, consentivano soltanto il transito di carretti agricoli. Quattro quintali al massimo, una portata assolutamente insignificante agli effetti bellici e soprattutto agli effetti della guerra moderna che per essere motorizzata si svolge con mezzi meccanici rapidi e capaci di trasportare carichi di tonnellate! È stato quindi necessario rifare tutti i ponti stradali di piccola dimensione per aumentarne la portata. Poi si è dovuto costruirne di nuovi, quelli più lunghi, ed il numero di tali opere dei nostri pontieri è diventato ormai altissimo.
Questo lavoro ha dovuto essere effettuato sempre prima del passaggio delle truppe ed i pontieri sono stati sempre l'avanguardia del grosso delle nostre colonne. Un giorno sarà possibile compilare delle statistiche ed allora si saprà che di ponti i nostri uomini ne hanno costruito per chilometri e chilometri, che hanno impiegato tonnellate di materiali trovati sul posto e si constaterà che per precisione di lavoro tali opere possono reggere benissimo il confronto con altre fatte da imprese specializzate e che il tempo impiegato per le costruzioni è davvero tempo da primato. Inoltre ponti così severamente collaudati non soltanto dal traffico ma anche dal fuoco del nemico possono costituire, e costituiranno veramente, l'orgoglio dei nostri genieri.
In Russia ogni volta che mi è capitato di vedere all'opera i pontieri, mi sono fermato ad osservare la loro fatica. Un ufficiale ha in mano calcoli già belli e pronti e strumenti tecnici per me complicatissimi. I soldati, trasportati dalle vicinanze i materiali necessari, trasformano pali e tavole in infissi, in pilastri, in travature sulle quali fissano poi le tavole che formeranno la superficie del ponte. Così avviene per le strade. Ma il lavoro nel quale il pontiere si appassiona è quello di congiungere le due rive di un fiume. Costruire, al di sopra della superficie di un'acqua in eterno movimento, una strada che possa essere percorsa tanto a forte velocita come da grossi carichi [potrà consentire?] al Corpo di Spedizione Italiano di compiere la marcia fino al Nipro con tutta l'immensa teoria dei suoi automezzi. Anche taluni ponti ferroviari che i rossi avevano minati sono stati ricostruiti dai nostri pontieri.
È sul Nipro, proprio sul Nipro, che i nostri pontieri si sono affermati per la genialità di un loro lavoro, per la velocità con la quale lo hanno compiuto, confermando di essere quei coraggiosissimi soldati delle altre nostre guerre.
Lavoro febbrile
Le truppe germaniche avevano passato da poco il Nipro, avevano conquistata dopo una furiosa battaglia Jekaterinoslav le cui propaggini si stendono di là dal fiume ed occorreva andare avanti. Porre piede sull'altra riva non bastava, occorreva trasportare di là anche armi di grosso calibro, truppe motorizzate e rifornimenti; occorreva cioè un ponte. Vengono chiamati i pontieri italiani.
Mentre gli ufficiali fanno i calcoli necessari, con mezzi trovati sul posto, mediante l'impiego di battelli d'assalto e barche, i nostri soldati del genio si mettono all'opera alle ore 23. Si pensa che di notte il nemico disturberà meno il lavoro dei pontieri. Per tutta la giornata l'artiglieria sovietica ha sparato sul fiume proprio in quel tratto ove si sente costruire il ponte ed apparecchi da bombardamento hanno fatto più volte ribollire le acque del fiume con gli scoppi delle loro bombe.
I pontieri lavorano, le fondazioni del ponte sono già gettate; si inizia la costruzione del primo tratto. Il nemico, forse, deve avere sentito lo stridio delle seghe, il martellare sulle assi perché ad un certo momento il lavoro che veniva effettuato nell'oscurità più profonda e nella silente opera degli uomini, assume il carattere di una battaglia.
Le artiglierie sovietiche entrano di nuovo in azione, e cospargono di proiettili le acque del Nipro. Le artiglierie germaniche poco lontane rispondono: un concerto di grossi calibri accompagna il lavoro dei soldati che continuano la loro opera con calma assoluta.
Quando il cielo comincia a schiarirsi non restano che venti metri di ponte da completare. Alle 5 il lavoro è compiuto. I pontieri italiani che hanno lavorato sotto una pioggia di granate nemiche e dinanzi ai camerati germanici pronti ed impazienti di passare sull'altra riva, vedono coronato dal successo il loro lavoro quando il primo carro armato tedesco di notevoli dimensioni compie il collaudo percorrendo il ponte per intero. Come se fosse stata sollevata la sbarra dì confine su una strada internazionale, centinaia di automezzi si lanciano l'un dopo l'altro con gran fretta sul ponte. L'unione fra le due rive del Nipro è stata compiuta, un'altra battaglia è stata vinta. E chi ha realizzato questa impresa, chi ha collegato le due rive di questo fiume sono i pontieri italiani.
Nella mattinata seguente il nemico si accorge dell'esistenza. del ponte e lo batte intensamente con le sue artiglierie. Nella notte aveva sparato così a caso sul fiume, ma ora vede e sa cosa deve colpire. Tratti del ponte diventano, purtroppo, un'ammasso di rottami che bisogna però riattare subito perché sono in corso delle operazioni tali da richiedere un continuo affluire di truppe e di materiali. I pontieri si rimettono al lavoro; le riparazioni vengono eseguite immediatamente e lo scopo di non interrompere le comunicazioni fra le due rive del fiume è assicurato in permanenza.
I pontieri hanno vinto la loro battaglia. Sono stati coraggiosi ed arditi ed oggi un ponte di 1300 metri, tortuoso per evitare gli effetti della corrente, esiste sul basso Nipro ed è opera dei pontieri italiani.