Tema premiato da LA STAMPA,
svolto dall'alunno Massimo TEMPORELLI figlio di un soldato del I Battaglione Pontieri
CON I PONTIERI SUL FRONTE RUSSO
... sono passati tanti anni da quelle giornate nelle quali attanagliati dal freddo, dalla fame, con scarse munizioni, mio padre ed i suoi compagni ricordano ancora con commozione ciò che accadde in Russia il 20 febbraio 1942; ed è proprio quello che voglio descrivere.
La battaglia di Nikolajewka in Ucraina.
Preciso: in Russia, infatti, vi furono altre battaglie combattuta in luoghi dallo stesso nome, però da altri corpi.
Era febbraio e c'era freddo micidiale; i soldati del I Battaglione del Genio Pontieri erano riparati nelle isbe; mio padre guardò fuori da una finestrella e vide che la tormenta sollevava contro le pareti delle altre case la neve gelata.
All'esterno il termometro era al di sotto dei 45° sotto zero.
Alle primo luci dell'alba giunse l'ordine di partire; gli ucraini del luogo sostenevano che in simili condizioni climatiche era impossibile avventurarsi nella steppa.
Nonostante ciò venne suonata l'adunata. La colonna lasciò il paese e si mise in cammino a testa bassa.
La steppa immensa, paurosa e sconosciuta venne incontro ai soldati punteggiata sinistramente dalle fiamme dei villaggi incendiati.
Camminarono immersi nella neve fino al ginocchio; sulle spalle armi leggere e munizioni, mentre il freddo polare attanagliava i piedi e penetrava nella testa stringendola come se fosse una morsa.
A molti il respiro diveniva faticoso e sfioravano l'assideramento.
Verso sera apparve dietro un promontorio un paese disposto su due file di case.
La pattuglia d'avanguardia comandata dal tenente Corradini superò la prima parte del paese, ma all'improvviso, da alcune case partirono degli spari. Il tenente venne ferito e il soldato Frigerio, al suo fianco, cadde colpito mortalmente.
Mainardi, che faceva parte della pattuglia, a questo punto con prontezza e coraggio con un fucile mitragliatore aprì il fuoco contro i russi, i quali, sorpresi da una reazione così violenta, si ritirarono nelle isbe. Al soppraggiungere della Compagnia dopo brevi scontri essi fuggirono nella steppa.
I Pontieri, il mattino successivo, dopo aver dato l'addio al commilitone caduto, ripresero la marcia con passo barcollante sotto la sferza della bufera implacabile. Ogni riposo era impossibile a causa del freddo intonso, il quale faceva correre il pericolo di un congelamento.
Nel pomeriggio, la colonna fu più volte mitragliata a bassa quota da alcuni super-rata russi. Morirono due amici di papà, Rossetti e Monti; vi furono pure dei feriti, per fortuna non gravi.
Verso sera i soldati si trovarono di fronte ad un paese situato ai piedi di una collina; i Pontieri mossero all'attacco del paese da loro conosciuto più tardi col nome di Nikolajewka, il quale da alcuni giorni era occupata dal nemico. Esso, asserragliato nell'abitato, si difese accanitamente.
In rinforzo del battaglione giunsero dei carri armati tedeschi; in questo modo, dopo un assalto con baionette e bombe a mano, i russi furono costretti ad abbandonare il paese così tenacemente difeso.
All'entrata in paese, i segni del duro combattimento erano evidenti: molti i morti e i feriti russi.
Al comando del Colonnello Biandrate, i Pontieri presero le posizioni formando dei capisaldi alla periferia del paese. La notte poterono trascorrerla tranquilla nonostante il servizio di pattugliamento in avanscoperta.
Al mattino sembrò tutto tranquillo!
Fu la quiete a cui seguì la tempesta.
Ad un tratto fu dato l'allarme. Dalla sommità della collina, i russi scesero a ranghi serrati gridando come forsennati.
Il I Battaglione Pontieri contava poco più di 300 soldati, mentre la massa russa che contrattaccava si presumeva fosse ali'incirca di 3.000 soldati. Quell'immensa colonna di uomini nereggiava sul bianco della stappa. L'urto fu violentissimo.
I Pontieri combatterono con tutti i mezzi disponibili sorretti da una volontà decisa a tutto.
La consistenza dell'attacco nemico si manifestò subito eccezionale, la situazione si presentò difficile. Il nemico tuttavia, trovandosi allo scoperto, subì perdite elevate.
Gli animi dei Pontieri si rincuorarono quando videro alcuni caccia italiani e stukas tedeschi arrivare in loro aiuto scaricando il micidiale carico sulle postazioni nemiche portando un valido contributo.
Ai russi continuarono ad affluire soldati di rinforzo per colmare i vuoti provocati dal fuoco delle mitraglie italiane. A questo punto il nemico rendendosi conto che l'attacco frontale al paese non era possibile, cercò di accerchiarlo puntando sul fianco sinistro senza sapere che sulla loro direzione c'era il caporale maggiore Briscese armato di una mitraglia pesante. Egli aiutato dai suoi serventi aprì il fuoco.
I russi trovandosi allo scoperto vennero facilmente eliminati pur reagendo violentemente.
II cerchio di ferro e di fuoco si stringeva sempre più senza però riuscire a crearsi un varco. La mitraglia del caporale Briscese sparava ininterrottamente. Il comando, visto l'incalzare di forze nemiche e che farvi fronte era impossibile, diede l'ordine di ripiegare su un paese vicino; l'ordine venne rapidamente eseguito dai superstiti.
L'unica resistenza fu solo quella del caporal maggiore Briscese che, con alcuni serventi e la sua mitraglia, riuscì a bloccare i russi per più di due ore. In questo modo, prima di afflosciarsi sulla sua mitraglia colpito da un mortaio, permise al resto del Battagliene di prendere nuove posizioni.
L'atto eroico di questo soldato venne premiato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tale riconoscimento andrebbe anche ai cinquantadue Pontieri caduti in quella battaglia.
Pure la bandiera del Battagliene fu premiata con la medaglia d'argento.