TestimIRINA-KrasnogorovkaIrina di Krasnogorovka accoglie con fiori e fragoline di bosco raccolte in collina dove ci sono ancora i camminamenti dei fanti del 79° reggimentoonianza di Ezio Fiori
U.N.I.R.R. Mantova
 

30 GIUGNO 2004

 

SUL CAPPELLO FRIGIO

Il villaggio di Krasnogorovka dista dal capoluogo Bogučar, regione di Voronež, circa trenta chilometri. È il secondo insediamento di isbe (1) del Cappello Frigio (2), dove nel dicembre del 1942 aveva sede il Comando del I Battaglione del 79° Reggimento Fanteria della 9ª Divisione Pasubio.

Davanti alla scuola in muratura, ci ha accolto una graziosa bimbetta di nome Irina, coi capelli adorni di fiori di campo, che a ognuno del gruppo U.N.I.R.R. Marche (3) ha offerto un mazzolino di fragole selvatiche raccolte nel prato, nella parte alta del villaggio dove ancora ci sono i camminamenti dei nostri fanti (Caposaldo Giove).


Olga, assessore ai beni culturali della cittadina di Bogučar, ci fa incontrare con due babuške  (nonne) che possiamo intervistare a mezzo dell'interprete Natascia.

Una di queste ci racconta del soldato italiano che aveva offerto alla mamma due limoni in cambio di un uovo. "Niet!" (no!) "tu con un uovo mangi, io con due limoni non so cosa fare! Voglio quattro limoni!" (4). Il fante, per avere l'uovo, dovette cedere quattro limoni.
Ci racconta, ancora, che si era fratturata una gamba e che a curarla era stato un dottore italiano che era l'ufficiale medico del 79° Reggimento Fanteria della Divisione Pasubio.
L'altra anziana spiega che, prima dei soldati Italiani, c'erano quelli tedeschi che, nella sua isba, avevano requisito un porcellino. Dei nostri soldati invece diceva "Italianski karasciò" (Italiani buoni) e si faveva tre segni della croce nel costume cristiano-ortodosso. Gli Italiani scambiavano il pane fresco e la pasta coi polli, e ai bambini davano sempre dei dolci. Poi sono arrivati i soldati sovietici, poiché allora la zona apparteneva all'Ukraina, i quali le hanno portato via anche la mucca.

Successivamente il pullman ci ha condotto nel villaggio di Monastyrchina dove Olga ha voluto portarci sull'ultima fossa comune individuata. Lo sterrato di campagna, umido, non era adatto al pullman. Così abbiamo fatto tre chilometri di salita a piedi per arrivare alla Balka delle sabbie rosse (5). Olga ha estratto dalla borsa una bottiglia di vodka, coi bicchierini (anche per gli astemi) e, all'uso russo, abbiamo brindato ai caduti colà sepolti. "Che la terra che vi ricopre vi sia compagna fedele nel vostro sonno eterno."

Questa fu la preghiera che recitammo per tutti i caduti sul suolo russo.

A Monastyrchina aveva sede il Comando del I Battaglione dell'80° Reggimento di Fanteria, i cui soldati fecero resistenza nella chiesa che ora non esiste più, e furono gli ultimi della Divisione Pasubio a ritirarsi dal Don.
La Balka delle sabbie rosse offriva una vista bellissima del Cappello Frigio.
Ad Est, verso Abrossimovo (che era il paese presidio del II Btg. dell'80° Reggimento Fanteria), si vedevano immensi campi di frumento, girasoli, barbabietole.
In lontananza si scorgevano le colline sulle cui cime i soldati della 9ª Divisione Pasubio (6) avevano costruito i capisaldi Zeta, Cupido, Olimpo e altri, e dove si fece onore anche il III Btg. dell'80° Reggimento Fanteria.
A ovest si vedevano Paseka-Sukoj Donez (dove era situato il Comando dell'81° Rgt. Fanteria della Divisione Torino).
Direi che il panorama del Cappello Frigio a fine giugno si presentava come una piccola Umbria. I nostri caduti là sepolti, benché lontani dal suolo natio, riposano in un ambiente di rara bellezza.


Foto2_MDalla balca delle sabbie rosse di vede il panorama sul Cappello Frigio e sullo sfondo il paese di Monastyrchina
Mappa_GeorgevichMappa Generale Georgevich dell'attacco russo del 16 dicembre 1942

 


Note:

 

(1) Isba: capanna contadina di legno dal tetto di paglia con al centro una grande stufa.
(2) Cappello Frigio: ansa del fiume Don, così chiamata dai nostri fanti, da Tereskovo a Krasnogorovka, Ogolev, Abrossimovo, fino a Monastyrchina-Paseka-Sukoj Donez. (Oggi a Ogolev sono rimaste poche isbe e Paseka è stato assorbito da Sukoj-Donez, pertanto i villaggi non sono segnati sulle nuove carte geografiche russe). La lunghezza complessiva di questa area Circa 60 Km di fiume.
(3) U.N.I.R.R. Marche: organizzatore del pellegrinaggio in Russia dal 24 giugno al 3 luglio 2004, sui luoghi di combattimento delle Divisioni italiane Alpine e di Fanteria.
(4) Limoni: venivano utilizzati dai civili russi come disinfettante.
(5) Balka delle sabbie rosse: canalone scavato nel tempo dalle intemperie con sedimenti di sabbia rossa che le dà il nome. I nostri caduti sono stati colà sepolti perché il luogo non poteva essere coltivato. La balka è fitta di vegetazione con tantissime varietà di fiori di campo. Il responsabile del gruppo di ricerca segnalerà a Onorcaduti la locazione della balka per le regolari procedure di recupero delle salme.
(6) La Pasubio sul Don-dicembre 1942: a Krasnogorovka il I Batt. del 79° Rgt., capisaldi II/79°, Tereskovo III/79°;
A Monastyrchina il I Btg. dell'80° Rgt., Abrossimovo II/80°, Getreide Schnitt (Dubrava) III/80° di riserva, coi Comandi Reggimentali e relativi servizi.

 


30 GIUGNO 2004
GETREIDE / DUBRAVA
"BOSCO DI QUERCE"


Foto3Dubrava - Getreide: le vecchie scuole nel 1942 sede di comandi reggimentali e dell'infermeria

 

Nel dicembre del 1942 la sede del Comando Reggimentale dell'80° Reggimento Fanteria "Roma" della 9ª Divisione Pasubio sul Fronte Orientale era a Getreide Schnitt (1), oggi Dubrava (bosco di querce), nella provincia di Bogučar, regione di Voronež a  venti chilometri dal fiume Don. Il villaggio di isbe in mezzo al verde e in altura al 30 giugno 2004 si presenta con due torri esagonali-periferiche, posti di osservazione di un antico monastero, poi dei nostri fanti che controllavano tutta la linea del Cappello Frigio (2) delimitata dal fiume Don.

Al centro della strada alberata principale si erge la scuola in muratura. Frontalmente, tra gli alberi vediamo un cortile con un grande caseggiato, sede dei Comandi Reggimentali 79° e 80° Fanteria e l'infermeria. Nei pressi, un teatro che ho battezzato il piccolo Bolschoj, che durante l'occupazione veniva utilizzato da magazzino della sussistenza (cambio d'uso dell'antica chiesa ortodossa).


Olga, assessore ai beni culturali della provincia di Bogučar, ci fa visitare la scuola dove ci aspetta un gruppo folcloristico locale di cosacchi che allieta noi visitatori con suggestivi canti e balli. Michele e Francesco superano la prova di bere un bicchiere pieno di vodka posto su una spada e di tagliare in due pezzi uguali un cavolo... otterranno il berretto cosacco e, in pullman, un lungo sonno. Una stanza della scuola è adibita a Museo della Civiltà Contadina e della Guerra. Tra i cimeli esposti vediamo armi italiane, russe e ungheresi, pallottole di ogni tipo, granate, bombe piccole e grandi, schegge.

Ho visto la borraccia di un geniere della Div. Pasubio, una gavetta con solo il cognome, due piastrini leggibili e quattro illeggibili (3). Il conservatore del Museo ci informa che durante l'aratura dei campi ha trovalo i resti di due soldati, uno con il piastrino, che ha sepolto in luogo noto (4). Ci ha fatto vedere, inoltre, una divisa in ottimo stato di un artigliere dell'8° Rgt. Art. Pasubio, mostrine giallo-rosse con pipa nera, una boccetta d'inchiostro, pennini, una scatola di lucido da scarpe, spazzole, sapone, pettini, specchietti, servizi da barba.

Quando Luigia ha detto, tramite l'interprete Natascia, che il papà Renato (visto l'ultima volta ad Arbuzovka) prestava servizio nell'infermeria reggimentale, il conservatore le ha mostrato il reperto n. 155: L'Ikona Italiana. Abbiamo ammirato una bellissima Madonna con Bambino; indi, ha staccato il retro del quadretto dove si notava che la Sacra Immagine era stata disegnata su di una scatola di medicinali (5). Luigia in particolare e tutti noi siamo stati presi da una forte commozione.

Il conservatore mi ha donato un bossolo con pallottola del fucile 91 e la fotocopia della cartina dell'attacco sovietico nella zona della Div. Pasubio del 16 dicembre 1942 alle ore 08.00, fatta dal colonnello in pensione Cobets Andrei Georgevich ex comandante del 110° Rgt. della 38ª Div. Guardie (6).

 

Foto4_RMuseo di Dubrava: Icona dipinta da un soldato italiano sul coperchio di una cassa di medicinali


Note:
(1) Getreide Schnitt: villaggio così conosciuto dai soldati perché riportato sulle carte militari tedesche del 1940. Significa: Cereali-mietuti, ma era anche conosciuto come 1° Kolkoz di Bogučar, (Cooperativa agricola); il regime staliniano lo chiamava Radchensky, cognome di un eroe della Guerra Civile; oggi, il villaggio si chiama DUBRAVA (bosco di querce) a 200 metri s.l.m.; latitudine 49, 82.00° Nord - Longitudine 40, 70.00° Est.
(2) Cappello Frigio: la dizione esatta sarebbe Berretto Frigio, così l'hanno chiamato i nostri soldati, così sarà per noi.
(3) Tutti i reperti visti sono stati fotografati e fatta comunicazione a chi di competenza.
(4) Il responsabile del gruppo di ricerca segnalerà a Onorcaduti l'informazione del conservatore. Il responsabile delle riesumazioni della regione di Voronež provvederà all'identificazione e alla traslazione in Patria.
(5) L'Ikona Italiana, (reperto invendibile): nel 1° numero di "La Lupa" stampato dall'80° Rgt. Fanteria nell'anno 1941, vediamo molte caricature del Serg. Mommi della Compagnia Comando Reggimentale fatte agli Ufficiali più rappresentativi; esegue inoltre il proprio autoritratto definendosi pittore caricaturista.
(6) La mappa, descritta dal colonnello russo, rappresenta la fase di rottura del 16-12-1942 e la successiva fase di accerchiamento del 19 dicembre 1942 da parte della 38ª Divisione Sovietica nei confronti della Div. Pasubio nell'area del Cappello Frigio.

 


1° LUGLIO 2004
ARBUSOV (ARBUZOVKA) "LA VALLE DELLA MORTE"


Foto8Arbusov (Arbuzovka) La "valle della morte"

 

Il primo di luglio si aggrega al gruppo U.N.I.R.R. Marche Alexander Tsvetnov (1), responsabile delle esumazioni della regione di Rostov, che ci accompagna nel pellegrinaggio. A Malaja-Losovka, causa la forte pioggia, il pullman rimane impantanato.

Alex non si arrende, vuol portarci ad Arbuzovka. Dopo varie telefonate arriva un trattore con rimorchio per gli uomini e un piccolo scuolabus (2) a quattro ruote motrici per le donne. Dopo dodici chilometri, tra pozzanghere, buche e profonde cavedagne, arriviamo nell'ormai famosa e tragica "Valle della morte" (3).

Arbuzovka (detta anche Arbusovo o Arbusow) è un piccolo agglomerato di isbe in altura (220 metri s.l.m.) dove gli abitanti vivono on le risorse di piccoli orti e di bovini al pascolo.
Questa grande valle risultò essere una trappola mortale per tanti nostri soldati (muniti solo dei fucili 91) che furono colpiti dai Sovietici, ben armati e posizionati sulle alture con le infernali katuše  (dette organo di Stalin, costituite da un automezzo con otto binari per sedici razzi, che polverizzavano ogni cosa per duecento metri quadrati), e attaccati anche dai partigiani russi con mitragliatrici e mortai.
Alex ci indica la fossa comune esumata nel 1994 (175 Caduti ignoti tumulati a Cargnacco e 5 Caduti identificati). Ci segnala anche altre tre fosse comuni individuate e in anteprima ci comunica che è arrivata l'autorizzazione sia da Mosca che da Roma per iniziare gli scavi (sono comprensibilmente in attesa di informazioni).

Luigia percepisce che lì è sepolto il papà Renato. Ha portato la terra del paese di Gorgo e con Enrica, anche lei orfana, recita una preghiera e cosparge il sacro terreno in memoria dei genitori e di tutti i Caduti italiani in terra russa. I sentimenti espressi in quel momento non ci facevano sentire la pioggia a catinelle e abbiamo ritenuto che fossero le lacrime dei nostri soldati.

Al ritorno un ragazzo ha fermato il trattore e ci ha fatto vedere una gavetta con una scritta ben visibile, "Div. Pasubio" e inciso Alessandro G. (risulterà essere appartenuta a un Fante del 79° Reggimento, deceduto a Tambov). Alex non ha voluto che la trattassi, i reperti militari non sono in vendita, non aveva capito il motivo del mio interesse.

Quando abbiamo raggiunto il pullman, Alex rivedendosi ha fatto dono a Luigia di una stelletta militare e a me di un elmetto trovati ad Arbuzovka (4). All'aeroporto di Mosca il cimelio ha superato tre controlli, oggi è a casa, i due fucili incrociati impressi nella parte frontale mi certificano che l'elmetto era appartenuto a un nostro eroico fante. La ricognizione ad Arbuzovka, causa il maltempo, si è protratta troppo a lungo, così abbiamo dovuto rinunciare alla programmata visita di Čertkovo... con molto rammarico, perché Alex mi diceva: "Solo trenta chilometri di strada, poi io ho piccolo museo con tante cose italiane."

Probabilmente era materiale interessante degno di essere visto.  Sarà per la prossima volta! Abbiamo così girato per la vicina Meškov (Meškovskaja); ci siamo fermati nella parte est da dove nel dicembre 1942 sono arrivati i T34 sovietici provenienti dal fiume Don, che hanno investito la 3ª Divisione Celere. Una parte del gruppo s'è portata sul cippo-ricordo posato da Onorcaduti sulla fossa comune riesumata.
Meškov mi ha deluso, la pensavo una piccola cittadina, mentre oggi ci sono poche isbe intorno a una collina su cui la storia ci racconta esisteva una chiesa dove il 3° Rgt. Bersaglieri aveva creato un caposaldo di resistenza. La chiesa non c'è più, in compenso ho visto un ripetitore televisivo.

 

PANORAMAPanoramica della vallata di Arbusov (Arbuzovka) 

 

ANCHE ARBUSOV MERITA UN CIPPO
Nota del 2011 di Ezio Fiori
Ho interrogato alcuni Reduci dell’80° Reggimento Fanteria che hanno combattuto ad Arbusov. Tutti sono concordi nel dichiarare che il 22 dicembre 1942 fu per la Pasubio e altre Unità italiane un vero olocausto. Sfogliando i Notiziari U.N.I.R.R. ho rilevato che a ottobre 2005, nella “valle della morte” sono state esumate sette fosse comuni con 2.267 caduti ignoti e 45 identificati. Le salme degli ignoti sono state tumulate nel Tempio Sacrario di Cargnacco mentre i 45 identificati sono stati consegnati ai congiunti nei paesi di nascita. Mi risulta che ad Arbusov c’è solamente una lapide in memoria di un colonnello russo e assolutamente niente per ricordate i tanti eroi italiani che nella località hanno immolato la giovane vita alla Patria.  Ritengo sia giusto che i nostri nipoti trovino un punto di riferimento per ricordare e piangere i propri nonni.
Dopotutto, Arbusov non è poi così lontana.


Note:
(1) Alexander Tsvetnov oltre essere il responsabile delle esumazioni della regione di Rostov risulterà essere anche il conservatore del Museo della guerra di Čertkovo.
(2) Scuolabus a quattro ruote motrici: infatti il lunedì porta i bambini a scuola e li riporta alle famiglie il sabato, con qualsiasi tempo.
(3) I Reduci parlano di circa 10.000 morti, la documentazione ne cita molti di meno, comunque, tantissimi. I partigiani non facevano prigionieri, mentre le truppe sovietiche inquadravano i nostri soldati catturati e li trascinavano nella cruenta marcia del "Davai", senza cibo e mal coperti coi 38° sotto zero. Dal 23 dicembre 1942 al 1° gennaio 1943 i prigionieri percorsero circa trecento chilometri (da Arbusov a Kalač, nodo ferroviario dove su carri bestiame vennero trasferiti in vari lager).
(4) L'elmetto porta i simboli della fanteria; sul frontale due fucili incrociati, nel cerchio centrale è impresso CIX (si riferisce al 109° Battaglione Mitraglieri assegnato al Comando del XXXV Corpo d'Armata, a dicembre agli ordini del generale Francesco Zingales).

 


02 LUGLIO 2004
LAGER 81 DI KRENOVOE


Foto10_RCippo posto da Onorcaduti presso Krenovoe (Khrenovaja)Lasciamo Bogučar ed imbocchiamo la M-4 diretti al lager n. 81 di Krenovoe (1) (detto anche Crenovo, Hrenovoe, Khrinovoje, Khrenovoye, Krinovoje, Krinovaja, Hrenovoe) nella provincia di Bobrov a centoventi chilometri da Voronež, capoluogo di regione. Attraversiamo il fiume Don nella grande ansa di Verhnij-Mamon dove caddero moltissimi fanti della Divisione di Fanteria Ravenna, investiti il 16 dicembre 1942 dalla 1ª Divione di Fanteria Sovietica appoggiata dalla 18ª Divisione carri armati. Ci portiamo nel grande cimitero (2) della cittadina, lo attraversiamo e in fondo vicino a un bosco di betulle troviamo la lastra di marmo nero posta da Onorcaduti. Facciamo pulizia delle erbacce (3). Vicino c'è anche una memoria ungherese. Cogliamo dei fiori di campo che poniamo ai piedi del cippo italiano, che recita: "Ai Caduti italiani in terra di Russia".

Pio Deana, presidente del Guppo Alpini Valcosa, ha il registratore con l'Inno di Mameli e con il silenzio d'ordinanza. Recitiamo le preghiere dei defunti, siamo tutti colti da un profondo senso di umano dolore.
Ci portiamo alle ex scuderie degli Zar. Una parte di esse è ancora oggi utilizzata come scuola d'equitazione. Sul portale un grande cartello indica in russo che è proibito l'ingresso ai non addetti, ma noi fingiamo di non conoscere la lingua...
Siamo entrati nel grande complesso ippico zarista che, a fine gennaio del 1943, venne adibito dall'esercito sovietico a Campo di Prigionia contrassegnato dal n. 81. Le scuderie sono poste in un doppio rettangolo. Al centro vi è una strada che le percorre per più di due chilometri. Ai lati della facciata principale si trovano due ingressi di cui uno è aperto. Vi sono inoltre gli uffici della direzione e le abitazioni dei custodi. Le scuderie nell'area più interna sono utilizzate per metà. Gli edifici esterni sono invece utilizzati come magazzini. Al centro vi è un grande piazzale che serviva da zona di adunata dei prigionieri; vi ho raccolto un po' di terra in ricordo dei tanti eroi italiani. Entro le scuderie si vedono tantissimi box per i cavalli. Un box di circa venti metri quadri nel 1943 conteneva oltre trenta prigionieri. L'ultimo cortile, nella parte nord del complesso, era chiuso con una corda di canapa. L'abbiamo aperto e c'erano tanti box di legno fatiscenti con ragnatele ed a terra vecchia paglia, mentre i muri erano neri.


Nel frattempo arriva un signore che ci chiede il pass d'ingresso: "Niet" rispondiamo, ci scusiamo e ci portiamo immediatamente all'uscita. Ormai avevamo visto tutto. Fuori c'è una pista d'allenamento con al centro un grande blocco di marmo sormontato dalla statua di un cavallo argentata. A lato, una chiesa cristiano-ortodossa in decadimento. Un inserviente ci ferma e ci riferisce che se nei vecchi box, in fondo, avessimo grattato lo strato superficiale di calce, avremmo trovato tanti nomi di soldati italiani.

 

KrenovojeKrenovoje: interno delle stalle con i box per cavalli utilizzati come prigione

Krenovo_piantaVista planimetrica del complesso delle scudeie reali di Krenovoe, utilizzate come campo di prigionia
Krenovo_internoCortile interno del complesso delle scudeie reali di Krenovoe, utilizzate come campo di prigionia
Krenovo_ingresso_1Vista dell'ingresso del complesso delle scudeie reali di Krenovoe, utilizzate come campo di prigionia


Note:
(1) Krenovoe: dal febbraio 1943 all'aprile vi morirono in condizioni disumane 1.844 Italiani per lo più appartenenti alle Divisioni alpine e alla Divisione di Fanteria Vicenza, catturati a Valujki. I morti nel campo n. 81 furono di sicuro molto più numerosi e quei 1.844 sono i soli di cui abbiamo certezza in quanto vennero registrati dalle autorità sovietiche prima del decesso. Il campo fu chiuso nel maggio 1943 e i prigionieri trasferiti in altri lager. Al campo n. 74 di Oranki gli ufficiali, in tanti altri lager sovietici i soldati. Molti morirono durante il trasferimento a causa delle pessime condizioni di salute. Si legge che il comandante del Campo 81, a causa della durezza di comportamento verso i prigionieri, fu fucilato.
(2) Cimitero: il cimitero locale è stato costruito sulle numerose fosse comuni del campo n. 81.
(3) Il seppellitore, interrogato sulla mancata pulizìa dell'area del Cippo, si giustifica dicendo che è un mese che Mosca non gli manda i soldc. Informeremo Onorcaduti.
(4) Prigioniero: il dottor Bartolozzi di Mantova e il fratello, ex ufficiali alpini, e altri prigionieri raccontavano durante le assemblee dell'U.N.I.R.R. di Mantova che: "Ad un certo punto causa la grande fame, sì erano verificati nel campo di Krenovoe dei casi di cannibalismo, specialmente tra i prigionieri rumeni; all'uopo, per il rispetto dei morti, abbiamo dovuto creare delle squadre di controllo anti cannibalismo."

 

 


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