di Patrizia Marchesini
Quando mamma Guaran perde il marito, rimanendo vedova, il maggiore dei suoi cinque figli – Gioacchino – ha tredici anni, il più piccolo – Giovanni – soltanto tre.
Nel giugno 1940 l’Italia entra in guerra e quattro dei ragazzi Guaran, ormai in età da soldato, partono. Solo Giovanni rimane con la madre, a Padova.
Gioacchino, classe 1915, va sul Fronte Greco-Albanese... tornerà, continuerà la sua vita e si formerà una famiglia.
Antonio – nato nel ‘21 – e Luigi, del ‘22, lasciano Padova il 15 giugno 1942, entrambi diretti in Russia con la 3ª Batteria del XXXVI Gruppo, 4º Raggruppamento di Artiglieria Contraerei.
Dopo un lungo viaggio, il 12 luglio sono in postazione con i cannoni da 75/46 a Rikovo, dove rimangono alcuni giorni prima di spostarsi a Nikitino, e poi a Vorošilovgrad. La Batteria si ferma in questa grande città dalla fine di agosto al 6 settembre, quando si trasferisce a Kantemirovka, seguendo l’avanzamento della linea del fronte.
Il 30 settembre Antonio e Luigi sono a Rossoš’, in postazione per la tredicesima volta. La loro 3ª Batteria è di nuovo a Kantemirovka 1 all’inizio di dicembre, con ogni probabilità a difesa dell’aeroporto di Garmaševka, 2 situato a circa venticinque chilometri da Kantemirovka.
Nel frattempo è giunto in Russia anche un altro fratello Guaran: Pietro – classe 1918, partito dall’Italia nell’autunno 1942 al seguito della Divisione Vicenza – è assegnato alla 156ª Compagnia Artieri del CLVI Battaglione Misto Genio.
Una sua cartolina del 9 dicembre 1942 rassicura mamma Guaran. Tutto procede come al solito e la salute è buona. 3
In una cartolina dattiloscritta del 13 dicembre Pietro racconta che ormai fa abbastanza freddo e che la temperatura è sui 26-27 gradi sotto lo zero. Spera, inoltre, di avere presto novità da Gigi e Toni, 4 di cui non sa nulla dopo il suo ultimo trasferimento.
Sono i giorni in cui le Divisioni di Fanteria italiane sono messe a dura prova; il II Corpo d’Armata (Divisioni Cosseria e Ravenna), situato a destra del Corpo d’Armata Alpino, inizia ad arretrare. 5 Anche le altre Divisioni di Fanteria saranno costrette a retrocedere.
I Comandi decidono di muovere a sud la Julia per tamponare la falla che si sta aprendo, e proteggere il fianco destro del Corpo d’Armata Alpino che rischia di essere aggirato e preso alle spalle: al cosiddetto gruppo d’intervento segue poi l’intera Divisione, che resisterà senza cedere un palmo fino al ripiegamento definitivo del Corpo d’Armata Alpino.
La Divisione Vicenza, giunta in Russia con compiti di presidio, va quindi in prima linea tra la Tridentina e la Cuneense, occupando le posizioni in precedenza assegnate alla Julia.
Pietro manifesta i suoi timori: il 16 dicembre suggerisce di accendere una candela; il 19 dicembre scrive due volte. Non si sa quale – tra queste due cartoline – sia stata scritta per prima. I testi sono un pochino contrastanti, come se da un lato cercasse di rassicurare la madre, sebbene intuisca che la situazione si sta facendo preoccupante, e dall’altro volesse farla partecipe della sua angoscia. 6
Antonio e Luigi, intanto, vivono giorni difficili. Antonio, in un breve diario manoscritto, racconta di paura e confusione delle nostre truppe di fanteria di fronte all’attacco di centinaia di carri armati sovietici.
Il 19 dicembre, al mattino, la 1ª e la 3ª Batteria Contraerei sparano contro i carri che avanzano su Kantemirovka. Sono momenti drammatici. Entrano in azione anche gli stucas 7 ma – nonostante alcuni carri vengano messi fuori combattimento – la Batteria di Antonio e Luigi è circondata.
Verso le tredici di quella giornata – consumato un po’ di rancio – ormai si aspettava la morte vicini al nostro cannone e difenderlo fino all’ultimo. 8
Invece arriva un motociclista, riuscito non si sa come a filtrare fra i Sovietici: porta l’ordine di sganciarsi e lasciare la posizione, se ancora possibile.
Sono momenti concitati e dolorosi. Bisogna rendere inservibili i pezzi d’artiglieria e raggiungere i camion. Che, per il freddo, faticano a mettersi in moto. Solo quattro di essi riescono a partire e su di essi si ammucchiano gli artiglieri.
Poi, via...
Kantemirovka, da lontano, è un bagliore di fiamme. 9
Antonio e Luigi proseguono il ripiegamento sui camion e il giorno successivo raggiungono Mitrofanovka, dove la sera – grazie alla sussistenza – mangiano a sazietà. Talmente tanto da stare male.
Il 23 dicembre la Batteria arriva a Vorošilovgrad e si sistema in una grande casa con i vetri rotti. Si cerca di chiudere i buchi per difendersi dal freddo.
A Natale c’è la possibilità di lavarsi e farsi la barba.
Il primo gennaio 1943 gli uomini si alzano prestissimo e assistono alla S. Messa, che da tre mesi non si scoltava. 10 Il rancio di quel giorno è veramente speciale: due pagnotte, pastasciutta, formaggio e tabacco. Antonio, nel suo diario, commenta che non ci si può lamentare.
Il giorno successivo annota di avere scritto al Comando della Divisione Vicenza per avere notizie del fratello Pietro.
Poi, il 3 gennaio, si riparte. A piedi. Il diario – di qui in avanti – si limita a elencare le tappe del ripiegamento, con l’aggiunta di alcune brevissime note.
Da una di queste si deduce che il 25 gennaio Antonio e Luigi perdono contatto con la colonna e trovano riparo in una casa russa, dove si fermano anche il giorno successivo. 11
Poi si riparte e la fortuna vuole che il 29 gennaio i due fratelli riescano a riunirsi alla Batteria. Non trovano, però, il Comando e gli ufficiali.
Pavlograd, Dnepropetrovsk, Kiev, Gomel... alcune delle località sono illeggibili, o comunque non identificabili sulle carte geografiche attuali.
Sembra però indiscutibile che proprio da Gomel Antonio e Luigi partano verso l’Italia, dove giungono – presumibilmente – alla fine del marzo 1943. Arrivati a Firenze con la tradotta, sfilano davanti alla cittadinanza che acclama i reparti. 12
Il destino, però, si accanisce contro i due artiglieri: Antonio soffre di problemi polmonari conseguenti la permanenza al Fronte Orientale e muore pochi mesi dopo il rimpatrio, nel dicembre 1943; Luigi, sempre sotto le armi con il XXXVI Gruppo, viene deportato dai Tedeschi dopo l’8 settembre, sopravvive anche a questa esperienza, ma muore poco dopo il rientro in Italia in seguito a un incidente, fulminato dai cavi di un filobus che si erano staccati proprio mentre stava scendendo dal mezzo.
Mamma Guaran aspetta, a lungo e inutilmente, il ritorno del figlio Pietro. L’ultima cartolina arrivata a Padova è del 29 dicembre 1942. Solo molti anni dopo si risolve a dare via gli abiti del figlio, custoditi con cura. La signora muore agli inizi degli anni Settanta, senza sapere cosa sia successo al suo ragazzo.
Giovanni, il più giovane dei cinque fratelli, entra in possesso delle cartoline di Pietro e del diario manoscritto di Antonio per un caso fortuito, grazie alle ricerche di una pronipote, interessata a ricostruire l’albero genealogico della famiglia Guaran, cognome molto insolito in Italia.
Febbraio 1994. A Giovanni viene consegnata una comunicazione del Ministero della Difesa del 1º ottobre 1993: Pietro, catturato il 21 gennaio 1943, morì a Tambov, in data sconosciuta. 13
Nel luglio 1997 Giovanni e la moglie si recano una prima volta in Russia. Vi tornano una seconda volta pochi anni dopo: in entrambe le occasioni visita Tambov e durante il secondo viaggio nota che l’area ha ricevuto nel frattempo una sistemazione più dignitosa e raccolta, e che sono stati posizionati cippi per commemorare i soldati di nazionalità diverse sepolti nelle fosse comuni del campo.
LE CARTOLINE DI PIETRO GUARAN
L'Ordine del Giorno – 01.03.43 – 4º Raggruppamento Artiglieria Contraerei
Leggi il diario manoscritto di Antonio Guaran
Leggi la trascrizione del diario manoscritto di Antonio Guaran
Guaran Antonio
36 Gruppo – 3 Batteria A.C.
ΓУАРАН АНТОНИО
Cantamirovk, 17-12-42 XXI
Oggi è una brutta giornata; il nostro fronte è stato rotto in una posizione del Don; le nostre fanterie sono costrette a ripiegare, sono assalite da centinaia di carri armati sovietici.
Per le strade regna una confusione tremenda, pare che il nemico sia alle calcagna, ma più che mai era la paura che avevano quei poveri soldati che fecero scappare anche quelli più pacifici e [che] magari dovevano tenere fronte.
Cantamirovk, 18-12-42 XXI
Oggi pare più calmo, meno confusione; pare che siano stati fermati a Talin [probabilmente Taly, n.d.r.], quaranta chilometri da noi; difatti quei pochi rimasti resistevano; aerei non si fanno vedere, però noi si è sempre vigili e pronti a qualunque azione.
Cantamirovk, 19-12-42 XXI
Notte passò calma, così pure l’alba, pare che tutto si sia stabilito. Verso le otto, a un paio di chilometri da noi, spuntano nella collina otto carri armati, non si capisce di quale nazionalità siano e si sta in attesa dei suoi movimenti.
Noi siamo isolati, la comunicazione è stata rotta, col Comando; forse dai partigiani, così non si può sapere niente, [né] cosa dobbiamo fare.
Nel frattempo quattro carri si muovono verso la città, incominciando bombardare e mitraliare; tutti sono pieni di sorpresa e fuggono con quello che possono; i partigiani entrano anche loro in azione, sparando dalle case, mettendo più panico... qualche incendio si vede.
Entriamo anche noi in azione: spariamo contro gli altri carri che incominciavano [ad] avanzare verso la città; sono costretti a fermarsi e a difendersi, i su[o]i colpi cadono vicino ai nostri pezzi, senza fare danni.
Nel frattempo arrivano dei caccia e stucas. Incominciano a picchiare sopra i carri, colpendone uno. Anche l’altra Batteria si. .., alquni carri le sono vicini però vengono messi subito fuori combattimento.
Ormai eravamo circondati da tutte le parti, un carro spunta a cinquanta metri dai nostri pezzi, però scappa giù per la collina, piazzandosi giù. Incominciamo un forte tiro di sbarramento su quattro carri, mettendoli in fuga. Le munizioni [cominciano a] mancare, i carri sono in agguato dietro la collina; ma siamo fermi, si mangia un po’ di rancio che per miracolo arrivò; ora sono le una, siamo in attesa di ordini, cosa si deve fare, ormai si aspettava la morte vicini al nostro cannone e difenderlo fino all’ultimo; ma arrivò il motociclista, che arrivò per un miracolo passando in mezzo il nemico.
L’ordine era di lasciare la posizione e salvarsi, se ancora c’è tempo; levammo li otturatori, scassando tutti i congegni di puntamento, per noi tutti fu un dolore lasciare il pezzo; il comandante era fuori di sé, pensava i suoi cannoni; così in fretta prendemmo i bottini [?], quello che si poteva, e giù per la collina fino alle macchine; ancora non erano pronte, erano ghiacciate, solo quattro poterono partire. Con uomini e bottini eravamo uno sopra l’altro, ma non si badava a niente, così partimmo. Il Signore ci diede la grazia di trovare una via libera, per mezzo i campi; si era sempre con quel incubo di andare nelle mani del nemico.
Cantamirovk era in un bagliore di fiamme, da lontani si vedeva; incontrammo in un paese alcuni carri armati tedeschi, così ci siamo pacificati.
La strada fu brutta, tante volte dovevamo spingere la macchina. Finalmente arrivammo in un paesotto, e si siamo fermati fino al mattino per ricevere ordini; costì cera la sussistenza, anche loro erano quasi in partenza; potemmo avere galette e carne in quantità; mangiammo, e [facemmo] un grande rifornimento di casse nel camion, vuotai anche una borraccia di cognac, così il freddo non lo sentivo.
Mitrofanovka, 20-12-42 XXI
Venne mattino; anche qui gran movimento di truppa che andava e veniva. Solo a sera venne ordine di spostarsi un po’ fuori del paese; prima di andarcene abbiamo mangiato e bevuto alla sussistenza... come porci; siamo stati un po’ male, siamo andati dormire in un pagliaio dormendo poco; vennero gli aparecchi a bombardarci ma non abbiamo avuto nessun danno.
Mitrofanovka, 21-12-42 XXI
Partiamo prestino. Le strade sono piene di truppa, di macchine, una confusione tremenda... il cannone si sente vicino, alquni carri armati sono in vista, la nostra macchina si pianta nella neve; le speranze erano perse, alcuni se ne andavano a piedi, ma il Signore fece la grazia di partire, così arrivammo a Rossosh verso le due. Costì abbiamo dormito.
Rossosh, 22-12-42 XXI
Il mattino si riparte, il viaggio prosegue abbastanza bene; a sera si fermiamo, dormiamo nelle case.
23-12-42 XXI
Si riparte. Le strade sono pessime, ghiacciate; abbiamo dovuto spingerla [si riferisce ovviamente alla macchina, n.d.r.] per un buon tratto; siamo arrivati a Staroblesk [Starobelsk, n.d.r.], facemmo tappa di un paio d’ore poi ripartimmo fermandosi a Vorosilograd [Vorošilovgrad, n.d.r.]. Erano le 12.30, così siamo andati in qualche casa fino mattino.
Vorosilograd, 24-12-42 XXI
Si spostiamo verso l’interno [dell’abitato], dove troviamo una casa grande, [con i] vetri rotti; qui si sistemiamo, siamo assieme e un’altra batteria; fa abbastanza freddo, i buchi sono tappati alla meglio, si prende un po’ di rancio caldo e pane, formaggio e si va a dormire.
Vorosilograd, 25-12-42 XXI
Oggi Santo Natale. Lo passiamo qui tristemente; si andiamo [a] lavare e farsi la barba in una casa; alle 11... rancio, pasta in brodo e carne... pane niente, non è arrivato; alla sera pasta e marmellata. Così termina la giornata che è stata anche molto fredda. Gradi -27.
Vorosilograd, 26-12-42 XXI
La notte passò fredda: 35 gradi [sotto zero].
27-28 [12-42]
Per disgrazia ci fecero taliare i capelli a zero.
29-12-42
Giornata fredda, ma nella nostra stanzina è caldino, abbiamo procurato una stufetta.
30 e 31-12-42 XXI
[Riga sbiadita e illeggibile, n.d.r.]
Vorosilograd, 1-1-43 XXI [a questo punto dovrebbe essere XXII?, n.d.r.]
Oggi primo dell’anno. Sveglia alle 4.30, si alziamo prima per andare alla S. Messa, che da tre mesi non si scoltava; per noi è stata una gran cosa, e un po’ di conforto, così il nuovo anno non è incominciato male. Alle 11, rancio speciale: 2 pagnotte, pasta asciutta, formaggio e tabacco; in queste condizioni che siamo non potiamo lagnarci. Formaggio, zuppa di galette e carne, alle 4. [Poi] in branda.
2-1[-43]
Si sono gradi 5, … [parola illeggibile, n.d.r.]; ho scritto al Comando di Piero [il fratello Pietro, che è in Russia con la Divisione Vicenza, n.d.r.] per avere sue notizie.
3, 4, 5-1[-43]
Marciato 10 km sotto la bufera.
[Da qui in poi il diario si limita a elencare le date e le località del ripiegamento, sino alla partenza in treno e al rimpatrio, n.d.r.]
6 [gennaio] Epifania.
7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20 [gennaio] Partenza di notte.
21 [gennaio] Ricovo
22-23 [gennaio] Novovorloka [Nova Orlovka?, n.d.r.]
24 [gennaio] Partenza a piedi, si cammina fino a sera. Gradi 43 [sotto zero, n.d.r.] Iovamarcova [?]
25 [gennaio] Gradi [?] 41. Arrivati stanchi a sera tardi, perso la colonna, riparo in casa russa.
26 [gennaio] Fermi casa. Riposo. Ocerotena [?]
27 [gennaio] Partenza. Fermi strada, impossibilitato partire, gradi [?] 15.
28 [gennaio] Gradi [?]. [A] piedi, fino stazione Cresino. Ritrovo la Batteria, però niente Comando, né ufficiali.
29 [gennaio] Cresino. Rientro Batteria.
30-31 [gennaio]
1 [febbraio] Partenza
2 [febbraio] Palograd [Pavlograd, n.d.r.]
3 [febbraio] Niepropetroshi [Dnepropetrovsk, n.d.r.]
4-5-6-7-8-9-10 [febbraio] Partenza treno
11-12-13 [febbraio] Hiew
14-15 [febbraio] Gomel … [parola illeggibile, n.d.r.] Ricoverato in una scuola.
16-17-18-19-20 [febbraio] Partenza.
21 [febbraio] Gomel
22-23-24-25 [febbraio] Tappa.
26 [febbraio] Ceracoka [?]
27-28 [febbraio]
1-2-3-4-5-6-7-8 [marzo] Gomel
9-10-11-12-13-14-15-16-17-18... [marzo]
[Le ultime righe sono sbiadite e di difficile interpretazione ma, grazie al signor Giovanni Guaran, possiamo dire che il viaggio di ritorno toccò Brest-Litovsk. Il giorno 23 marzo la tradotta era a Vienna. Il confine italiano venne varcato al Tarvisio.]
Fine