Nel giorno in cui si commemora la battaglia di Nikolaevka, ci fa piacere pubblicare una testimonianza del signor Grigorij Filippo Calcagno, che ci consegna un bellissimo messaggio di pace...
Siamo nel pieno della ritirata di Russia. Migliaia di soldati italiani mandati a invadere l'Unione Sovietica, a combattere in condizioni pietose al fianco dei Tedeschi, abbandonati al gelo e alla contro-avanzata dei russi.
Il 26 gennaio 1943 a Nikolaevka avviene uno degli scontri più importanti, che vede da una parte residui superstiti e decimati della Divisione Tridentina in fuga, dall'altra alcuni reparti dell'Armata Rossa. In questi ultimi c'è mio nonno, a capo del Quartier Generale del 138° Reggimento [sovietico], cui è stato dato l'ordine di accerchiare gli Italiani per impedire loro di passare per Nikolaevka, già liberata. Una notte di fuoco in cui lui viene ferito, che si conclude con 1000 morti e feriti dalla sua parte e 3000 tra morti, feriti e catturati dall'altra.
Tra gli Italiani che riescono a mettersi in salvo c'è Mario Rigoni Stern, divenuto poi celebre scrittore.
Dal racconto che mio nonno fa di quella battaglia nel suo libro:
"[...] Al ricordo di questa battaglia mi ha fatto tornare, decine di anni dopo, il libro del famoso scrittore italiano Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve, tradotto in russo. Lo lessi tutto d'un fiato, ci mancherebbe!
L'autore descrive quel disperato tentativo di sfondare la trincea russa, già intrapreso dall'ormai abbattuto Battaglione Vestone.
Mario si trovava in questo Battaglione e io tra quelli della trincea. Pensate un po'! Quello che era il mio nemico l'ho poi ritrovato in una cittadina italiana chiamata Asiago, dove ho deciso di mandargli una lettera.
Nella sua risposta Mario mi ha scritto: «In quella battaglia di Nikolaevka eravamo nemici e ci sparammo l'uno contro l'altro. Noi perdemmo non pochi compagni ma io e altri fummo fortunati e tornammo sani e salvi. E per questo siamo obbligati, nel ricordo di tutti i caduti di questa guerra, a fare tutto il possibile perché questa 2ª Guerra Mondiale sia l'ultima. Questo è il dovere di tutti noi che vi abbiamo combattuto.»"
La lettera che mio nonno aveva mandato a Mario Rigoni Stern nel 1993 è stata citata in un'intervista che egli stesso ha rilasciato nel 2006 a Che tempo che fa su Rai 3.
Nella parte conclusiva [di tale lettera] scriveva: "In quella battaglia fui ferito. Che cosa bella non esserci sparati a vicenda quel giorno, ed ecco che mezzo secolo dopo ha risvegliato la mia memoria! [...] Vi auguro tanta salute e spero di potervi incontrare in Russia o in Italia, dove adesso abitano le mie due figlie, per stringerle la mano e abbracciarla come un fratello."
Ho deciso di raccontare questo scambio tra Rigoni Stern e mio nonno nell'anniversario di quella data perché credo che rappresenti meglio di ogni altro esempio cosa sia la memoria, quanto siano ingiuste, stupide e assurde le guerre e come l'umanità e la fratellanza siano più forti dell'odio e delle contrapposizioni.