di Patrizia Marchesini
Trombettiere del Reggimento Artiglieria a Cavallo – 1930
Quadro di Antonio Cervi
Il 7 maggio u.s., a Santa Lucia (in provincia di Verona), una rappresentanza del Reggimento Artiglieria a Cavallo ha reso gli onori al luogotenente Gioacchino Bellezza (prima Medaglia d’Oro al Valor Militare dell’Artiglieria italiana).
Nella località suddetta, e nell’ambito della Prima Guerra d’Indipendenza, il 6 maggio 1848 ebbe luogo l’omonima Battaglia di Santa Lucia, che vide contrapposti il Regno di Sardegna e l’Impero Austriaco.
A seguito della cerimonia commemorativa la rappresentanza del Reggimento si è spostata a Pumenengo (BG) per incontrare il signor Mario Donati, classe 1920, artigliere delle Voloire (noto soprannome del Reggimento e delle sue Batterie) e reduce della Campagna di Russia.
Rappresentanza del Reggimento Artiglieria a Cavallo
Al centro, con la scatola in mano, il colonnello Federico De Grazia
Il signor Donati era partito per il Fronte Orientale nel luglio 1941 con il C.S.I.R..
In quella prima fase il Reggimento Artiglieria a Cavallo era nell’organico della Divisione Celere P.A.D.A. (Principe Amedeo Duca d’Aosta).
Mario visse la costituzione del Raggruppamento Truppe a Cavallo (che riunì – dalla primavera 1942 – le Voloire e i Reggimenti di Cavalleria Novara e Savoia in un reparto di grande mobilità e di pronto impiego) e l’assegnazione del proprio Reggimento al Corpo d’Armata alpino (dal 1° novembre 1942).
Il Gruppo Artiglieria di Mario Donati supportò prima la Divisione Tridentina, e poi la Divisione Vicenza... quando parte di quest’ultima – a metà dicembre '42 – fu trasferita in prima linea al posto della Julia, mandata a tamponare la situazione nel settore del II Corpo d’Armata, a sud del fiume Kalitva.
Mario, tuttavia, non verrà coinvolto nel durissimo ripiegamento successivo, in quanto – essendo un veterano del C.S.I.R. – fu rimpatriato all’arrivo in Russia dei complementi destinati alle Voloire.
Gli anni passarono... ma al reduce rimase sempre un cruccio: quello di avere perduto il proprio kepì, il copricapo tipico del reparto, in uso ancora oggi.
A questo ha posto rimedio la rappresentanza del Reggimento, che non solo ha regalato al signor Donati un nuovo kepì, ma gli ha anche consegnato la Croce al Merito di Guerra per rendergli l’onore che merita.
Al centro, con l'abito grigio e il nuovo kepì, il reduce Mario Donati
Siamo grati al colonnello Federico De Grazia per i dettagli forniti.
Le Batterie a Cavallo e il Reggimento Artiglieria a Cavallo
Le prime Batterie a Cavallo furono costituite l’8 aprile 1831 e trovarono impiego durante le tre Guerre d’Indipendenza.
La nascita ufficiale del Reggimento Artiglieria a Cavallo risale, invece, al 1887.
Esso prese parte alla Grande Guerra con otto Batterie, suddivise in quattro Gruppi.
Rientrato a Milano nel febbraio-marzo 1919, sperimentò successive modifiche con lo scopo di trasformare il reparto in vista di una sua probabile e futura motorizzazione.
Il 1° ottobre 1934 il Reggimento fu sciolto e i suoi Gruppi vennero assegnati a tre Reggimenti di Artiglieria Celere, che prendevano il nome dalla Divisione Celere della quale facevano parte.
In seguito fu chiaro che tale riorganizzazione implicava inconvenienti notevoli, poiché i reparti motorizzati dei Reggimenti Articelere e i Gruppi di Artiglieria a trazione animale si muovevano a diverse velocità e risultava quindi complesso coordinarne i tempi di spostamento e di azione.
Tali problemi si manifestarono in modo particolare quando, nel febbraio 1941, i Reggimenti di Artiglieria Celere partirono per l’Africa Settentrionale, lasciando in Italia per forza di cose i Gruppi a Cavallo, del tutto inadatti alle operazioni nel deserto.
I Gruppi a Cavallo trovarono però impiego sul Fronte Jugoslavo e, in seguito, vennero di nuovo riuniti nel ricostituito Reggimento Artiglieria a Cavallo che, su tre Gruppi di due Batterie ciascuno (dotate di pezzi da 75/27), partì per il Fronte Orientale con la 3ª Divisione Celere P.A.D.A. (Principe Amedeo Duca d’Aosta).
Le tradotte lasciarono Verona il 24 e il 25 luglio 1941.
In avanzata con il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.), il Reggimento trascorse il primo inverno nel bacino del fiume Donec, dopo avere dato un contributo importante a gran parte delle operazioni affrontate dal nostro contingente. Fu poi coinvolto nella Battaglia di Natale del 1941 insieme alla Celere.
Con l’estate 1942 e l’arrivo al fronte di nuove Grandi Unità, le truppe italiane in Russia assunsero la consistenza di un’Armata.
La stagione favorevole consentì anche la ripresa del movimento verso est, che si sarebbe arrestato – per i nostri soldati – sulla riva destra del Don.
Nel frattempo le Voloire e i Reggimenti di Cavalleria Novara e Savoia erano stati riuniti nel Raggruppamento Truppe a Cavallo e operarono in modo efficace durante la Prima Battaglia Difensiva del Don (20 agosto – 1° settembre 1942).
Basti pensare che il II Gruppo delle Voloire diede supporto significativo alla famosa carica di Izbušenskij (24 agosto 1942).
Nell’autunno il Reggimento Artiglieria a Cavallo fu distaccato dal Raggruppamento Truppe a Cavallo e posto alle dipendenze del Corpo d’Armata alpino.
Il I e il III Gruppo agirono in appoggio prima della Tridentina e poi della Vicenza (seguendo le sorti di quest’ultima durante il ripiegamento); il II Gruppo, invece, fu dislocato nelle immediate retrovie della Divisione Cuneense e con essa arretrò a partire dal 17 gennaio 1943 (data d’inizio del ripiegamento dell’intero Corpo d’Armata alpino).
In una decina di giorni le Batterie a Cavallo si prodigarono e si sacrificarono oltre l’immaginabile (ricordiamo il libro Varvarovka alzo zero, di Ottobono Terzi, all’epoca ufficiale del I Gruppo).
Causa svariate circostanze, alcuni – fra cui, per esempio, lo stesso Ottobono Terzi – riusciranno a uscire dall’accerchiamento... ma per la maggior parte degli artiglieri delle Voloire non vi fu ritorno.
Una relazione dell’allora tenente Luigi Giordani – uno dei pochi superstiti – ci dice che al 15 gennaio 1943 il Reggimento aveva in forza 66 ufficiali e 1194 artiglieri (i dati non hanno carattere di ufficialità).
Al termine del ripiegamento si contarono circa trecento sopravvissuti.
Difficile calcolare quanti – in quel gennaio 1943 – vennero catturati, ma le condizioni in prigionia, come noto, fecero sì che pochi riuscissero a superare tale durissima esperienza per tornare in Italia dopo il termine del conflitto.
Una curiosità. La parola voloira deriva dal dialetto piemontese e significa volante.
Il soprannome dato alle Batterie a Cavallo (e poi al Reggimento) sembra quindi riferirsi alla velocità – insolita, se si pensa soprattutto al periodo della costituzione delle Batterie – con cui i pezzi di artiglieria prendevano posizione.
Ma vi è anche chi riconduce il nomignolo alla parola ratavoloira (pipistrello), forse per la vaga somiglianza fra questi mammiferi e gli uomini del Reggimento, i cui mantelli indossati in epoca risorgimentale – al galoppo – parevano scure ali spiegate.
La breve sintesi inerente alle Batterie a Cavallo e al Reggimento Artiglieria a Cavallo
si basa sul volume Voloire – Memorie per la storia, di Marziano Brignoli.