Natale 1942.

Un'ombra si avvicina nella notte. La sentinella alpina spara. Solo dopo, nell'accorrere sul posto, ci si rende conto che quell'ombra era una ragazza.

Ecco il racconto di Gino Beraudi – ufficiale della Cuneense – e una poesia di Gherardo Guaschino, ufficiale della Julia, in quel periodo schierata a destra della Cuneense.

La ragazza era una spia? O era solo l'innamorata di un nostro alpino? O era tutte e due le cose? Le protagoniste del racconto e della poesia erano  la stessa persona?

Domande cui, oggi, è difficile rispondere. Rimangono solo la malinconia per il destino triste di tante vite  e il ricordo di tutti coloro che la guerra spazzò via.

 


 

Da Vainà kaputt – Guerra e prigionia in Russia (1942-1945), Gino Beraudi

La Grafica – Mori (TN) – Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto, 1996 

 

Una notte in un avamposto del Saluzzo avviene un caso pietosissimo. La sentinella vede qualcuno muoversi tra la neve. Spara e colpisce. Gli alpini accorrono, trasportano nel bunker il ferito e si accorgono, con stupore, che si tratta di una giovane donna, per di più in visibile stato di gravidanza.

È ferita grave e il tenente medico, subito accorso, scuote la testa desolato. Gli alpini trattengono il respiro con gli occhi fissi sulla moribonda. È da poco passato il Natale. Sotto la fumosa lanterna a nafta, l’interno del ricovero interrato pare un triste presepio, un tragico presepio di guerra, dove non l’amore stia creando il mistero della nascita del Redentore, ma l’odio stia uccidendo la madre e, con essa, la vita e, con quella vita, l’umanità intera.

Così mi descriverà il dottore il suo stato d’animo di fronte a tanto orrore. E la donna, ormai certa di morire, spiega: che andava a Loscìna, ove c’è sua madre; che il Comando russo aveva scelto lei per recapitare alcuni ordini a contadini fedeli che vivono nel villaggio (e di cui essa tace – e nessuno insiste – i nomi); che l’avevano convinta a far ciò dicendole che, se gli Italiani l’avessero presa, le sarebbe stato facile spiegare come, ormai prossima a sgravarsi, voleva raggiungere la propria madre; che a lei, date le sue condizioni, nessuno avrebbe fatto del male.

E intanto per noi la guerra sta diventando guerra davvero. Dimentichiamo le comode abitudini, viviamo in allarme e, automaticamente, diventiamo duri e spietati.

 


 

Presso il Kalitva

di Gherardo Guaschino

 

Da tempo i nostri avevano il villaggio.

Passato il fiume ora ghiacciato, gli altri

tornarono a occuparlo.

Perché non dilagassero

ci schierammo a distanza sulle alture.

Un Natale d’angosce era vicino.

Tra i ricordi più tristi

questo ho serbato, dall’oggetto insueto:

una ragazza sconosciuta, figlia

di quelle bianche isbe ormai discoste

che immaginai amiche ed accoglienti.

Io riascolto il suo grido in una notte

fuor del consueto calma sulle nevi

di sessant’anni fa.

Mi raggiunse lassù dalle trincee

della piana gelata

estesa fino al Don.

Seguì allo sparo che la colse in petto,

varcato il fosso, il campo delle mine,

giunta al filo spinato,

la sua ombra scambiata per nemica

mentre portava in seno

il frutto di un amore dianzi accolto.

Disceso al far del giorno, io conobbi,

rimpianta, la sua fine.

Era riuscita appena a farsi udire

mostrando insanguinata

l’immagine di un borgo in cartolina.

“Qui – sussurrò – saremmo stati insieme,

in questo luogo della vostra terra.

Volevo che potesse ritrovarmi col figlio suo: glielo avrei portato.”

 

Voi, che andaste pietosi e riesumare

le salme dei compagni

nel cimitero, là presso il Kalitva,

non rinveniste pure,

sotto una croce eguale,

i resti di una donna sconosciuta?

Forse nessuno venne a ricercarli

e non rivive, lei, in alcun ricordo

se non nel mio, pure assai lontano.

 

 

Ringrazio il professor Guido Vettorazzo, reduce del Battaglione Tolmezzo, che – fornendomi il testo della poesia di Gherardo Guaschino – mi ha fatto notare le analogie tra quanto narrato da Gino Beraudi e ciò che Guaschino ha descritto nei suoi versi. Beraudi è deceduto alcuni anni fa; Gherardo Guaschino, invece, è scomparso lo scorso 14 gennaio.

 

 


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