Da Cinquecento giorni con i Bersaglieri del 3° al Fronte Russo, Dante Mercalli, Tipografia Bettini, Sondrio, 2010
Il 30 [settembre 1941] finisce la manovra di Petrikovka e i bersaglieri – sempre con i gommoni – riattraversano il Dnepr sino alle posizioni di partenza.
Le perdite sono state relativamente poche; molto il bottino, e un gran numero di prigionieri.
Costoro appartengono alle truppe alle quali è stata affidata la difesa dell'Ucraina, del bacino minerario e industriale del Dnepr, del Don[ec] e delle vie che portano al petrolio del Caucaso.
Sono in gran parte soldati che vengono dall'Asia: tra di loro ci sono gli uzbeki, i tartari, i mongoli, i kirghizi e altri delle lontane steppe di Taškent e Samarcanda.
Molti hanno la testa rasata, qualcuno – pochi – porta una casacca di cuoio; masticano spesso semi di girasoli di cui hanno le tasche piene; appaiono indifferenti, con occhi obliqui e stretti, la bocca piccola, la fronte liscia, lo sguardo immoto.
Tra loro c'è anche qualche carrista che si riconosce dal vestito di panno scuro o caki.
Tutti hanno stivali o stivaletti felpati e portano il berretto o il casco di cuoio.
Fra i prigionieri vi sono anche dei ragazzi sui 14-15 anni, vestono l'uniforme sovietica, il cappotto color tabacco, il berretto a punta con le ali pendenti. Hanno un volto magro, affilato.
Sono ragazzi che hanno coraggio, quel coraggio dell'incoscienza dell'età.
Vicino ai veterani appaiono fragili, con lo sguardo che esprime la volontà di vivere, non di morire.