Da Né vivi né morti - Guerra e prigionia dell'ARMIR in Russia - 1942-1945
Fidia Gambetti, Ugo Mursia Editore, Milano, 1972
Il 4 ottobre nevica per la prima volta: una semplice spolverata di talco che basta a darci l'idea dell'inverno alle porte. Soltanto dopo il bianco preavviso al caposaldo si comincia a scavare la terra per i rifugi e a pensare seriamente che, volere o no, sul posto ci si dovrà svernare.
Tuttora sotto le tende i soldati, facendo ricorso al personale spirito d'iniziativa e alle infinite risorse della propria fantasia ed esperienza, si attrezzano logisticamente per resistere il più a lungo e il meglio possibile, fino a quando i quartieri d'inverno sottoterra non saranno pronti e abitabili.
Interrando i teli a una buona profondità e coprendoli intorno con sabbia e paglia, si tira avanti così fino all'ultima decade di ottobre, quando il termometro – in seguito a nuove serie nevicate con conseguenti gelate permanenti – tocca punte di 20° sottozero e sulla media dei 15 si sta stabilizzando notte e giorno.
Durante la notte accade di svegliarsi ripetutamente per il gelo che prende alla vita e alle gambe. Non c'è altro da fare che serrarsi maggiormente uno contro l'altro sotto le tende per conservare e trasmettersi il calore naturale dei corpi.