Da Li Romani in Russia, Elia Marcelli, Il cubo, Roma, 2008

 

E annavi avanti, sempre più lontano,

mascherato de fango fino in faccia,

finché veniva giù un antro uragano

che te lavava a fiumi d'acqua ghiaccia;

poi vedevi gelà quer gran pantano

tra le notti de luna e de bonaccia

e, in quel chiarore, te sentivi uno

che pare un omo, ma nun è nessuno.

 

Io, quella notte, stavo go' Giggetto

fòri, de guardia, a séde su 'na panca,

quanno vedo volà come un fiocchetto,

come un fiocchetto de bambace bianca:

vola vola, viè giù, sale un pochetto,

riviè giù, e vedo Giggi che se sbianca,

"È neve..." dice: e er fiocco, piano piano,

je se posò sur dorso de la mano.

 

Prima nevicata a Stalino autunno 1941 ACSLo guardò fisso, mentre se squajava,

"E pensà – dice – quanto ero contento,

da regazzino, quanno nevicava!

Pe' tutta piazza de Risorgimento,

chi faceva le palle e chi tirava!

Te l'aricordi che divertimento!

Invece qua..." e toccava quella goccia

cor mignolo, sgrullanno la capoccia.

 

E intanto 'sti fiocchetti sparpajati

ce volàveno attorno come piume;

su li tetti de paja, su li prati,

cominciò a sluccicà come un biancume;

poi, dentro a l'isbe, zeppe de sordati,

s'appicciò, dietro ai vetri, quarche lume:

era er sette d'ottobre, sarvognuno,

der millennovecentoquarantuno!

 

 

 

 

 

L'immagine è tratta dal sito dell'Archivio Centrale dello Stato ed è relativa alla prima nevicata a Stalino, nell'autunno 1941.

 

 


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