Da Memorie di guerra, Rodolfo Hofer – 1940-1945
Paolo Strazzolini, a cura di, Aviani & Aviani Editori, Udine, 2013
A Lisaura (Suceava) il soggiorno fu dei più confortevoli, compatibilmente con la situazione. Particolarmente gradevole il rancio, buono e abbondante.
I nostri forni Weiss sfornavano pane bianco che era la nostra delizia e ingolosiva i militari rumeni e tedeschi, nostri abituali "clienti". Sempre presente il vino.
Non mancavano mai le sigarette.
Questo trattamento turistico non era però destinato a durare.
Non appena ci mettemmo in marcia, il menù cambiò bruscamente: due gallette e una scatoletta di carne al giorno, oppure una scatoletta di minestrone del Colonnello Chiarizia.
Assieme alla razione del giorno ci consegnavano quella di riserva, costituita da altre due gallette e da una scatola di carne o di minestrone.
Riserva? Mangiavamo tutto in giornata, anche perché – in una colonna lunga oltre 60 chilometri – spesso tra intemperie e strade inesistenti o disagiate non sempre i viveri arrivavano in tempo.
Arrivati in Ucraina, pativamo anche la sete a causa del caldo di luglio e agosto. Potevamo cercare sollievo solo quando l'autocolonna si fermava nei centri abitati perché chiedevamo acqua, pane e qualcos'altro alla popolazione: poche cose, perché a quella gente mancava spesso anche il necessario.
Fortunatamente gli Ucraini erano ben disposti nei nostri confronti perché ci attribuivano un ruolo di liberatori, con manifestazioni di affetto e riconoscenza.
Tra enormi disagi e difficoltà la nostra autocolonna attraversò la Moldavia, la Bielorussia, la Bessarabia e l'Ucraina, insieme con reparti tedeschi, con una Divisione Corazzata al comando del Feldmaresciallo von Kleist.
Passammo tra campi di girasole e di frumento, spesso già mietuto o bruciato. Gli autisti dei camion, in caso di pioggia, approfittavano per disporre i mannelli di frumento sotto le ruote.
Un'operazione resa necessaria dal fatto che molti dei grossi veicoli avevano le ruote in gomma piena che giravano a vuoto, soprattutto in caso di fango.
Altro problema grave dell'avanzata era la perdita di molti rimorchi dei nostri camion, privi degli agganci che si rompevano a causa delle rozze carrarecce (per dirla come il generale di C.A. Giovanni Messe, comandante del C.S.I.R., nel suo "Ordine del Giorno" del 9 maggio 1942).
Lungo il tragitto assistevamo ai primi atti di una guerra che evidenziava soprattutto gli odi razziali, attraverso esecuzioni sommarie. Le isbe dei cattolici e degli ortodossi erano segnate da una vistosa croce sulla facciata: quelle prive di questo segno venivano sfondate dai carri armati tedeschi perché appartenevano agli Ebrei.
Non furono gli unici episodi. Vedemmo spesso gruppi di Ebrei a piedi (vecchi, bambini e persino donne incinte) maltrattati dai soldati tedeschi. Erano atterriti e affamati. Alcuni di quei disgraziati si chinavano ai bordi della strada per raccogliere erba e mangiarla.