Da La mia guerra in Russia, Ernesto Barbieri, Walberti Edizioni, Lugo, 1986
Arrivammo a Micailowka, un paesino non molto grande: ci parve un sogno, perché dopo tanto tempo avevamo modo di lavarci un po’ al calduccio dentro le case e toglierci qualche pidocchio di dosso [...].
[...] Non è facile, per chi non vi è stato, immaginare quanto fu rigido quell’inverno del 1941 in Russia; per aiutare a pensare quanto fu terribile dirò che davanti a ogni casupola che ospitava soldati [...], esistevano – vicino a ogni porta d’ingresso – mucchi giallognoli di urina gelata, che aumentava sempre più perché ogni soldato contribuiva portando l’altezza dei mucchi fino a un metro e oltre. [...]
Non ricordo quanti giorni restammo fermi lì, poi dovemmo proseguire per Ivanovka, altro paese più avanti, dove c’era il fronte; dovevamo dare il cambio a un reparto tedesco che andava in riposo. [...]
Poi venne l’ordine di spostarci in un altro paesino, Malo Orlovka [...].
Per qualche giorno andò avanti così, senza novità di sorta.
Eravamo alla vigilia di Natale, aspettavamo il rancio speciale e i pacchi dono per il giorno dopo, ma non arrivarono mai.
All’alba del giorno di Natale i russi ci attaccarono da tutte le parti, circondandoci; ingaggiammo così un combattimento che durò quasi tutta la giornata; in un’altura alla nostra sinistra vedevamo la cavalleria cosacca che, con le sciabole sguainate, caricava i soldati in ritirata. Quanti morti ci furono in quel sanguinoso combattimento!
Alla destra del paese i soldati russi riuscirono a infiltrarsi alle spalle del nostro schieramento; la situazione divenne critica, aprimmo un fuoco talmente accelerato che la bocca del cannoncino divenne rovente.
Le munizioni incominciarono a scarseggiare e, quando sparammo l’ultima granata, fortunatamente l’attacco russo era respinto.
Aspettavamo con ansia i rifornimenti: se non fossero arrivati, un altro attacco sarebbe stato fatale [...].
Fino a quel momento avevo provato i brividi e i tormenti del freddo, i morsi della fame, l’arsura della sete... ma non so descrivere la sensazione che si prova per la mancanza dell’indispensabile per la propria difesa.
Poi intervennero i carri armati tedeschi, così la battaglia finì; però tutt’intorno la neve non si vedeva più: era coperta da chiazze nere (causate dagli scoppi di granate) e da soldati morti.
Questo è stato il giorno di Natale peggiore che io abbia passato, in Russia, e credo che lo sarà anche di tutta la mia vita.