Da Presente alle bandiere, Settimo Malisardi, APE, Bologna, 1976
Vi fu un periodo, che al nostro campo (penso anche in altri) arrivarono dei propagandisti politici italiani; essi intendevano tenerci informati dell'andamento delle vicende militari al fronte russo e tedesco e della situazione in Italia, ma all'origine di tutto propagandavano per stimolarci a lavorare con maggiore lena.
Ogni discorso finiva con l'incitamento ad aumentare il ritmo di lavoro, per una maggior produzione di cotone, ogni fiocco in più di cotone è una pallottola in più da sparare contro i nazifastisti, così la guerra finirà prima... era lo slogan maggiormente usato.
Da tali incontri, ne seguì la distribuzione periodica di un giornaletto intitolato ALBA; era totalmente scritto in lingua italiana, per dieci prigionieri una copia sola, e questo ti costringeva alla lettura collettiva.
Per qualche prigioniero ben nutrito e in ottima salute, con una certa lucidità di mente, il giornale era utile all'informazione e stimolava in essi la curiosità e il desiderio di sapere ciò che accadeva nel mondo, dopo anni di ibernazione mentale forzata.
Ma [per] la maggioranza di noi, denutriti, rimbecilliti dai patimeti, avviliti e sfiduciati, quelle notizie non avevano alcun senso.
Noi non vedevamo l'ora di avere il giornale, per dividerlo in dieci parti uguali, ricavandone cartine per sigarette, o per commerciare con i fumatori in cambio di cibo; per noi l'ascolto o la lettura di certe notizie anche importanti non aveva penetrazione... la parte scritta sfuggiva alla memoria, perché pensavamo solo alle cose da mettere sotto i denti.