Da Dal fronte russo – 1941-1942, Urbano Rattazzi, Il melangolo, Genova, 2013
25 dicembre 1941
[...] È il giorno di Natale, sono solo in casa. Mi sento molto apaisè [in pace, n.d.r.]...
Mezz'ora fa c'erano l'azzurro e il sole: ora nevica fitto, senza vento. La solitudine, ecco di cosa ho bisogno. Ho visto troppa gente da un anno in qua, e troppa brutta gente.
La gente mi stanca atrocemente. Quando tornerò, andrò a vivere per sei mesi in cima alle Tofane, insieme a Voltaire, Tolstoj e Dante.
Forse ammetterò anche D'Annunzio; ma soltanto se starà tranquillo, se non farà il pagliaccio anche lui. E ci sarà naturalmente Beethoven, e soltanto Beethoven.
Il vecchio Ludovico appoggerà la sua mano possente sulla mia spalla e sarà un tocco magico che mi farà rinascere: le lacrime cominceranno a scorrere per le guance, sempre più abbondanti, e questo peso intollerabile che mi opprime il petto si scioglierà a poco a poco con una dolce sensazione di tenerezza e di pace, si stempererà in un delicato desiderio d'amore. [...]
E con ciò, fine. Vi mando mille abbracci insieme a gravi sintomi di un attacco russo.