Da Vasilij Grossman – Uno scrittore in guerra
Antony Beevor e Luba Vinogradova, a cura di, Adelphi Edizioni, Milano, 2015
Il Volga trascina con sé lastroni di ghiaccio che si urtano, stridono, si frantumano, impennandosi l'uno sull'altro... solo di tanto in tanto, nell'ampio nastro candido che si snoda tra le rive nere, si scorge qualche chiazza d'acqua. Il ghiaccio bianco del Volga trascina con sé tronchi d'albero, rami.
Una grossa cornacchia dall'aria cupa sta appollaiata sulla collina gelata... Ieri è apparso tra i flutti un soldato della Flotta Rossa, con la maglietta a strisce. I marinai di un cargo sono riusciti a recuperarlo. Il cadavere era imprigionato nel ghiaccio, lo hanno ilberato a fatica.
Era come se non si rassegnasse a lasciare il Volga, dove aveva combattuto e perso la vita.
[...] Mentre attraversavamo il Volga siamo stati superati da rimorchiatori che trainavano chiatte cariche di prigionieri romeni. In piedi, avvolti in pastrani verdi troppo leggeri e con i loro alti colbacchi bianchi, scalpicciavano sfregandosi le mani congelate. "Eccolo, adesso l'hanno visto, il Volga.", esclamavano i marinai.
[...] Ai bordi della strada, cadaveri di soldati romeni; cannoni abbandonati, camuffati con ciuffi di erba secca della steppa e puntati verso est. Cavalli che vagano nei valloni, trascinando dietro di sé finimenti spezzati; veicoli centrati da una cannonata che esalano un debole fumo azzurrino; il fondo stradale è disseminato di elmetti con lo stemma reale romeno... migliaia di proiettili, granate, fucili. Una fortificazione romena. Una montagna di bossoli sparati, fuligginosi, accanto al nido della mitragliatrice.
Nella trincea di collegamento spiccano fogli bianchi di missive, la terra bruna della steppa è diventata color mattone, intrisa com'è di sangue.
Inciampiamo in fucili con il calcio intaccato dalle pallottole russe. Verso di noi marciano senza sosta stuoli di prigionieri [romeni]. Prima di essere trasferiti nelle retrovie, vengono perquisiti. Vedendo rispuntare fuori dai fagotti e dalle tasche quella miriade di cose appartenute alle contadine dei nostri villaggi, vien voglia di ridere e, al tempo stesso, di piangere.
[...] La stazione di Abganerovo è sommersa dal bottino strappato al nemico [...]. Convogli carichi di farina, granoturco, granate, munizioni, grasso sigillato in capienti scatole di latta quadrate; vagoni pieni di ersatz valenki dalle suole spesse di legno, colbacchi di montone, apparecchi tecnici, proiettori. [...] Ansimando un po' i soldati scaricano dai vagoni sacchi di carta pieni di farina e li ammassano sui camion. Su ogni sacco spicca un'aquila. [...]
Il vento invernale ha tinto di una sfumatura bronzea i volti dei nostri soldati. Non è facile combattere con queste temperature, trascorrere le lunghe notti invernali esposti al vento gelido e penetrante della steppa; eppure i nostri uomini avanzano gagliardi...
È il Fronte di Stalingrado che avanza. E il morale dei soldati è incredibilmente alto.