Da Fronte Russo: c'ero anch'io - Vol. I, a cura di Giulio Bedeschi, Mursia Editore, Milano, 1983
Testimonianza dal diario del tenente Luciano Mela, Reparto Comando, Reggimento Savoia Cavalleria
[...] Per chi mi legge devo ripetere che le cose più importanti non le scrivevo, per varie ragioni: il diario avrebbe potuto capitare chissà in che mani; certi fatti mi parevano tanto importanti che non avrei mai creduto di poterli dimenticare e quindi, pensavo, era inutile che ne scrivessi.
Invece, ora, mi pare di non ricordare più nulla, più nulla - almeno - con precisione, così da poterli fissare ad un luogo o ad una data.
Per esempio... una cosa che ha pesato su tutta la mia vita: dovevamo passare il Dnepr su quella passerella di cui nel diario ho parlato; io ero su un autocarro; la strada era appena sufficiente per l'automezzo; guai a cadere nella profonda cunetta che la fiancheggiava; nessuno si sarebbe mai fermato per rimettere il mezzo sulla pista.
Andavamo tutti, come attratti dal grande fiume; non sapevamo ancora che gli autocarri non potevano attraversare il Dnepr sulla passerella e avrebbero dovuto aspettare di attraversarlo sui pontoni.
Eravamo tutti un po' nervosi, eccitati; ad un tratto mi vedo la strada ostacolata da un carretto; lo spingeva un uomo di mezza età; era carico all'inverosimile; quel poveretto vi aveva messo su tutto quello che poteva delle sue cose e rimontava all'indietro la corrente delle nostre truppe per raggiungere un posto ove fermarsi. Anche lui cercava di stare sulla pista; guai se si fosse rovesciato nella cunetta. Fino ad allora gli era andata bene perché aveva trovato il reggimento a cavallo; quando si vide arrivare il mio autocarro e quando io me lo vidi davanti, capimmo che per uno dei due era la rovina. Io dissi all'autiere di continuare; pur marciando a non più di dieci chilometri l'ora e per quanto il conducente gli lasciasse tutta la strada possibile, le masserizie sul carretto toccarono l'autocarro e il carretto si ribaltò. Mentre passavo, ci guardammo, il Russo ed io, negli occhi; e nei suoi occhi io vidi qualcosa, un dolore così profondo, una muta disperazione (direi senza odio, e questo fu peggio, per me) così spaventosa che provai una grande vergogna del male che avevo fatto.
Quel giorno ho fatto voto che mai più, se fossi ritornato vivo a casa, avrei guidato un'automobile. L'ho mantenuto, quel voto.
Non ho mai potuto dimenticare quello sguardo, la ruota del carretto ribaltato che continuava a girare, la vergogna che ho avuto per quello che avevo fatto... credo sia la cosa più cattiva che abbia fatto in vita mia.