Da Ritrovato dopo 40 anni - Diario della Campagna di Russia 1942-1943 del bersagliere Silvio D'Aloiso,
Grafiche Quadrifoglio, Foggia, 1996
Quel ragazzo, di nome Sciurka e colorito biondo sciapito, smilzo, col naso appuntito e ciuffo liscio sulla fronte, per la sua genialità e il suo aperto sorriso si rese subito simpatico. Con quel suo carattere sarcastico, vivace e intelligente, mise subito in evidenza anche l'ottimo grado di cultura; studiava alle superiori di Ternoskaja e probabilmente avrebbe frequentato gli studi universitari a Woroscilgrado.
Il padre, meccanico presso il vicino Kolcos (la comune agricola), combatteva contro di noi al di là delle linee, con l'esercito russo, e da tempo [in famiglia] non avevano notizie e non sapevano se fosse vivo o morto. La mamma, Maruska, alta ed esile e con gli incisivi sporgenti sotto il labbro superiore, vestiva - come tutte le donne russe - con gonna lunga arricciata in vita, giacchettino e sciarpka (fazzoletto) in testa.
Nessuno, come tutti in quella steppa, portava scarpe o valenki (stivali di feltro che venivano usati soltanto d'inverno) e i loro piedi nudi a contatto con le asperità del terreno erano callosamente rugosi e screpolati; così, come il loro volto che - sferzato dal terribile clima della steppa, con il vento gelido, la neve, il sole, la pioggia ecc. - era asciutto, ruvido e brutalmente marcato.
Intanto Sciurka, di lì a qualche giorno e per tutto il tempo che ebbi l'imprevista fortuna di rimanere a Klockowka, divenne il nostro migliore amico, e per me il più bel ricordo di quella terra di Russia. Era pungente, sarcastico e spigliato. Alle volte, quando si parlava di politica - a livello nostro, si capisce (e a noi due piaceva molto) - lo faceva con tanto garbo e astuzia che le sue ragioni, anche quando non prevalevano e accettava il torto, aveva[no] un senso di beffarda condiscendenza. E si sa quanto io, ubriaco di dottrina fascista, sostenevo la mia tesi (e lui quella bolscevica); ma con la differenza che io idolatravo Mussolini e lui prendeva in giro Stalin. Io non accettavo gli errori e le colpe del Duce, mentre lui riconosceva quelle del Grande Padre Russo e del sistema. Per cui, per esempio, sapientemente giustificava come necessarie: la limitazione della libertà di movimento nello stesso Stato, per la quale [per] andare da Millerovo a Woroscilgrado occorreva il permesso dell'autorità; il divorzio (poi, purtroppo, divenuto lecito anche in Italia); la coabitazione di più famiglie nello stesso appartamento; il divieto di professare la propria religione; [le restrizioni] della libertà individuale in economia; considerare grave reato - e punito con cinque anni di galera da scontare in Siberia - il taglio di un albero del bosco oppure del proprio orto ecc. ecc.
Io, prima di allora, non avevo mai sentito parlare di ideologia comunista, ma lui parlava di fascismo dall'alto di una informazione davvero sconcertante. Tra i due sistemi totalitari, l'indottrinamento politico nostro - a confronto del loro - era all'acqua di rose. Eppure noi in Italia avevamo la radio con sintonizzatore e quadrante con tutte le città del mondo e loro soltanto un altoparlante domestico collegato all'unico circuito radiofonico di Stato. Io leggevo tanti giornali della nostra propaganda e stampa e loro, lì nella steppa, ignoravano persino l'esistenza di tale mezzo di informazione. [...]
Un giorno, che col carretto tornavamo da Ternoskaja e vedemmo sfrecciare nel cielo tre nostri magnifici caccia Macchi 500, con orgoglio lo invitai a guardarli esaltando la nostra potenza militare e lui scoppiò a ridere come a compatirmi di quanto fossi ingenuo, se non proprio fesso, nel credere con tanta incoscienza a quello che in realtà non eravamo. Mi disse che il prossimo inverno sarebbe stato la nostra fine, la nostra tragedia, e che - stimandomi più di un fratello - se fossi rimasto in Russia mi avrebbe protetto e salvato. E io immaginavo, conoscendo la gloria dei nostri successi, che questa sua tesi fosse veramente una grossa fesseria. Però intuii che, mentre lui quello che sosteneva lo dimostrava con profonda chiarezza, io - invece - lo facevo soltanto per fanatismo. E da quel giorno rimasi assai scosso nel morale, e preoccupato.
Comunque da queste sue convinzioni trassi il sospetto - e con me anche Vacchini - che Sciurka, più che un giovane intelligente e preparato, fosse un aderente a qualche organizzazione clandestina operante alle spalle del nostro schieramento e per la quale, fedele agli ideali e al suo amor patrio, era per noi pericoloso e infido. A ogni modo per me rimase certamente - e lo ripeto - un carissimo amico.
Nota di Patrizia Marchesini
Nel trascrivere il brano precedente ho lasciato inalterata la traslitterazione dei vocaboli russi, così come li ho trovati nel diario di Silvio D'Aloiso. Nel brano vengono inoltre citati i caccia Macchi 500... a quanto mi risulta, però, al Fronte Orientale parteciparono squadriglie di Macchi 200 e 202.
Leggi anche la recensione del libro.