Da La guerra al Fronte Russo, Giovanni Messe, Ugo Mursia Editore, Milano, 2005
Giungeva frattanto la fine dell'inverno. Il C.S.I.R. aveva onorevolmente tenuto il suo posto, ma usciva stanco dalla durissima prova. [...]
Per chiudere la falla nella sacca di Izjum, riunite in gruppi e raggruppamenti tattici speciali, sono state impiegate fin le più piccole unità di truppe suppletive, ed attualmente non dispongo di nessuna riserva. L'inverno, infine, è stato eccezionalmente aspro.
A proposito dell'inverno russo io non so fino a che punto la reale portata della sua influenza logoratrice possa essere apprezzata da chi non era presente.
La mancanza di fatti di grande rilievo, dopo la Battaglia di Natale, potrebbe indurre ad attribuirgli una fisionomia incolore. Ma non è così.
Si può pensare a una specie di letargo, ed è stato invece una grande, terribile e dura prova che ha profondamente scavato il fisico e turbato lo spirito, e che è stata superata con successo soltanto in virtù di una incessante abnegazione silenziosa.
Le amplissime e spesso improvvise oscillazioni della temperatura, il valore assoluto delle punte termiche (fino a 45 gradi sotto zero), le accecanti bufere di neve, le disagiate e precarie possibilità di ricovero, la pediculosi, le carenze vitaminiche, l'estenuante servizio di pattuglia e di trincea in condizioni ambientali così avverse, furono altrettante insidie per l'organismo umano, combattute con tutte le risorse della volontà e della previdenza; ma, a lungo andare, non prive purtroppo di conseguenze.