Da Presente alle bandiere, Settimo Malisardi, Edizioni APE, Bologna, 1976
(Lazzaretto 2599 – Novaja Liada, nei pressi di Tambov, n.d.r.)
Niente lenzuola e cusino, solo un panno militare ogni due persone, il che ci obbligava a restare in una posizione prestabilita, quando uno dei due si girava, necessariamente doveva girarsi anche l’altro per non rimanere scoperto. […]
Il salone era pieno di prigionieri di tante nazionalità, oserei chiamare il locale con nomenclatura di ospedale internazionale per la diversità di tante lingue perché solo da questo linguaggio multiforme eravamo diversi.
Mentre di uniforme e comuni per tutti vi erano le malattie... per la maggiore, diarrea, intercolite, dissenteria e congelamento, ma la cosa che maggiormente ci uniformava era il denutrimento: sembravamo fatti tutti dallo stesso stampo, ridotti a pelle e ossa, le costole in rilievo si potevano contare come i tasti di un pianoforte, molti portavano enormi piaghe alle anche a causa la lunga degenza sul tavolato del dormitoio.
A quali cure potevo sperare, ora che ero ricoverato? Passarono cinque giorni prima di avere una visita da un dottore, egli mi chiese i connotati trascrivendoli in un foglio ciclostile poi lo depositò insieme a tanti sulla scrivania.
Di medicine o altre cure nemmeno l’ombra mentre la mia faccia si gonfiava assumendo proporzioni tali che non ero più capace di aprire la bocca dalla quale a stento passava solo il liquido tra i denti semi-chiusi.
Il cibo? Per noi convalesenti, era di tipo speciale, solo un cuoco diplomato era in grado di confezionare per soddisfare le esigenze dietetiche dei malati di diversa natura.
Per dare una idea del complesso lavoro del cuoco citerò la lista degli ingredienti, messi in opera tutti i giorni, e per tre volte al giorno.
Al mattino verso le otto, un cucchiaio di grano cotto; a mezzogiorno, pranzo speciale, e cioè... un cucchiaio di grano cotto e una fettina di pane nero secca, circa un etto; alla sera – per cambiare! – un cucchiaio di grano, sempre cotto, il tutto privo di alcun condimento, in oltre una volta al giorno veniva distribuito un gavettino di tè o acqua colorata calda.
Settimo Malisardi era un fante del 277° Reggimento, Divisione Vicenza. Uomo semplice, non aveva terminato le elementari... Il suo libro fu pubblicato senza apportare modifiche alla versione originale, per non togliere freschezza al racconto. Il brano precedente è fra le testimonianze incluse nel Rapporto U.N.I.R.R. sui prigionieri di guerra italiani in Russia.